Al meeting annuale degli apicoltori della Tuscia: api a rischio estinzione, il miele arriverà dalla Cina

di Luciano Costantini

La strage delle api continua? La produzione di miele si è dimezzata nel giro di un anno? Nessuna paura, il prezioso prodotto arriverà dalla Cina in quantità sempre più massicce anche se magari le api cinesi il miele non lo hanno mai visto. Sintesi del meeting annuale degli apicoltori della Tuscia che si svolge alla rocca di Montefiascone. Messaggio non esattamente nuovo, ma che per ogni tornata si arricchisce – si fa per dire – di contenuti sempre più drammatici rispetto ad una società e ad un sistema alimentare sempre più sofisticato (nel senso letterale della parola). Nella circostanza il tema centrale della Giornata dedicata alle “Buone Pratiche” è, appunto, quello delle adulterazioni: il miele è il terzo alimento al mondo più contraffatto, dopo l’olio d’oliva e il latte. “Un terzo del mercato -sottolinea il veterinario, Massimo Palazzetti, della Asl di Viterbo e uno dei massimi esperti in apicoltura – è coperto da un prodotto adulterato. Si è potuto accertare che molto miele proveniente dalla Cina è composto da fruttosio di riso”. Qualcuno aggiunge che una ditta indiana sarebbe addirittura pronta a vendere anche miele sintetico, cioè prodotto in laboratorio. Nel caso specifico nessun inganno per il consumatore in quanto la ditta spiegherebbe con chiarezza in etichetta che il suo miele è proprio il risultato di una sintesi chimica. Tant’è. Palazzetti fornisce anche i numeri del mercato: il 49% del miele del mondo arriva dalla Cina, il 18% dall’Europa, il nostro Continente copre soltanto il 60% del fabbisogno (il resto è made in Cina e made in Ucraina) , l’Italia è al sesto posto per l’import e al ventesimo per l’export, nel 2019 la nostra produzione si è dimezzata rispetto all’anno precedente con una perdita secca di 75/80 milioni di euro. La Tuscia, ovviamente, rientra in questa casistica e gli apicoltori reclamano una maggiore attenzione al nostro prodotto da parte delle autorità amministrative e di controllo del Paese e, più in generale, dell’Unione Europea, rispetto ad una concorrenza che spesso aggira quando non addirittura ignora le regole. Al momento la partita sembra appena iniziata ed allora non c’è che affidarsi alla cosiddetta filiera corta, cioè alla vendita diretta, o quasi. “In alcuni casi – sottolinea il presidente di Apituscia, Francesco Maria Tolomei – abbiamo raddoppiato il fatturato. Ma certo questa non può essere la soluzione del problema”.

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