Sabato 9 marzo alle 18 in occasione del decennale dalla pubblicazione di “Orsorella e gli Altri” ci sarà uno speciale spettacolo di narrazione a cura dell’istrionico narratore e performer Alfonso Prota introdotto dallo sguardo antropologico di Marco D’Aureli e accompagnato dalle incursioni chitarristiche di Carlo Sanetti.
Il libro di fiabe lateresi narrate dal genius loci Pietro Moretti, “Orsorella e gli altri”, pubblicato a dieci anni esatti dalla prima uscita, andata in stampa per i tipi di Davide Ghaleb Editore nel 2012, raccoglie otto fiabe e un apologo il tutto arricchito da nuove illustrazioni e incorniciato da apparati testuali aggiornati. Le storie confluite nel libro furono raccolte nel 2008. Quell’anno Pietro Moretti fu protagonista della prima edizione del progetto Banca del racconto. Antonello Ricci e Alfonso Prota, affiancati da Marco D’Aureli, conservatore del Museo della terra, intervistarono Pietro e questo aprì loro il fantastico scrigno del patrimonio narrativo tradizionale.
Pietro Moretti, l’uomo delle fiabe «La novella nun è bella, se sopra nun ci si rappella» (proverbio toscano) La novella non è bella se non ci si ricama sopra, dunque. Saggezza popolare. Nelle Città invisibili di Calvino ci sono tre vecchi pescatori che, seduti sul molo a rammendare le reti, si raccontano per la centesima volta una certa storia. Da quella immagine il lettore si rende conto che una città è nient’altro che racconto. Racconto è comunità. Racconto è civiltà. Pietro Moretti da Latera, classe 1929, è il primo dei nostri pescatori. Pietro ha ormai conquistato, per diritto d’anagrafe, la saggezza e la pietas del vecchio di paese, ma nei suoi piccoli occhi, vivi e birbi, scintillano ancora l’infanzia senza fine e il sorriso malizioso di Peter Pan. E lo rivediamo incantato, in grembo alla nonna, mentre gli racconta le «storie de ’na volta»: «Eravamo entusiaste, pareva de toccàlle co’ le mano, certe cose, ce pareva che uno doveva fa quella vita, certe fijje de re»; sognando d’incarnare, un giorno lontano, il destino di qualche personaggio; immerso, nella vita d’ogni giorno, fra animali parlanti e cose animate. Perché nel suo mondo magico la parola è cosa essa stessa. La massima di Italo Calvino, «le fiabe sono vere», potrebbe sembrare dedicata a lui: «Non pare, ma c’è gente grande che ancora crede alla befana!» egli racconta. In seguito avrebbe imparato e raccontato a sua volta quelle «storie»: tutti insieme, nel lettone matrimoniale, alla moglie e ai figli. E, più tardi, ai nipotini. Magari incastrando un cuscino tra letto e comodino se non c’era posto per l’ultimo arrivato. E proprio quelle fiabe, quegli eventi meravigliosi sarebbero divenuti pietra di paragone per garantire misura e senso alla durezza della vita contadina: così che una storia di vita vissuta (7 orfanelli in carne ossa, accuditi a turno dai familiari di Pietro) diventa «come quella de Cappuccetto Rosso»… Ma oggi che anche i nipoti si sono fatti grandi, sembra che più nessuno abbia pazienza per le storie: «Da quanno è uscita fòri la televisione! So’ troppo lunghe, dice, s’annojjano» e all’improvviso, mentre pensavamo di parlare del passato, ci ritroviamo nel presente.
Voice & Arts Academy via del Teatro Nuovo 20-22. Ingresso riservato ai soci. (Tessera mensile 5€ tessera Annuale 10€)


























