Visto da noi: Dogman il film di Matteo Garrone

di Nicole Chiassarini

Dogman il film di Matteo Garrone alla 64esima edizione dei David di Donatello ha fatto incetta di premi avendo ricevuto 15 candidature e vinto 9 David di Donatello come miglior film, miglior regista, miglior sceneggiatura originale, miglior attore non protagonista, miglior autore della fotografia, miglior scenografo, truccatore, montatore e miglior suono.In realtà nelle sale è entrato dal maggio 2018. Noi di TusciaUp lo abbiamo visto e vi raccontiamo le nostre impressioni.
Una pellicola forte a tratti dolorosa ispirata al terribile delitto del Canaro della Magliana, Pietro De Negri, toelettatore di cani e accusato dell’omicidio dell’ex pugile dilettante Giancarlo Ricci nel 1988. Ispirandosi ad uno dei casi di cronaca più cruenti, Garrone vuole raccontare di un’Italia terra di desolazione, odio, dove vige la legge del più forte e dove si scontrano bestialità e umanità. Un luogo dove i rapporti di solidarietà e il benessere vanno a scemare a causa di una società culturalmente degradata. Ma come ribadito più volte dal regista, il film “non vuole in alcun modo ricostruire i fatti come si dice che siano avvenuti”. L’idea principale è quella di addentrarsi in meccanismi oscuri, come quelli che finiscono per regolare lo strano rapporto tra i due personaggi.
Un film di rara potenza che trova nel suo regista uno dei più abili creatori. La fotografia ci regala una tavolozza cromatica imperniata sul giallo, come un film di frontiera. I paesaggi desolati, cupi e degradati possono essere quelli di cinquant’anni fa, oppure quelli di un’Italia post-apocalittica. Siamo al limite del surreale, dove le diverse vite di Marcello (Marcello Fonte) e Simone (Edoardo Pesce) si incontrano. Il primo ama il proprio lavoro e la figlia, ma è sempre più sedotto dalla criminalità; il secondo un pazzo forsennato che terrorizza il quartiere e lo tiene in pugno con la forza bruta, con testate, pugni e calci. L’attrazione per la malavita porterà Marcello ad una instabilità emotiva fino a pagarne direttamente le conseguenze, a coltivare la speranza di poter tenere a bada, come riesce con i cani meno docili, quell’uomo ormai perso per sempre.
I due attori sono bravissimi, danno mostra delle loro capacità dall’inizio alla fine. Interpretano i due personaggi con maestria, senza far trasparire la minima difficoltà nell’impersonarsi in due menti tanto contorte. Fonte, con la sua vocina nasale e il suo comportamento instabile dà vita ad un vero e proprio mostro che lentamente si vede crescere in tutta la pellicola, fino a mostrarsi definitivamente con l’omicidio del suo più grande amico (e nemico). Pesce, a sua volta, riesce perfettamente ad impersonare un tipo poco raccomandabile, che non ti augureresti mai di incontrare. Infatti, la perfetta armonia tra le doti dell’attore e la mente del criminale, lo hanno portato a vincere il David come miglior attore non protagonista.
Il regista, data la grandezza della sua pellicola e la critica più che positiva, ha voluto dichiarare: “Ho iniziato a lavorare alla sceneggiatura dodici anni fa: nel corso del tempo l’ho ripresa in mano tante volte, cercando di adattarla ai miei cambiamenti. Finalmente l’incontro con il protagonista del film, Marcello Fonte, con la sua umanità, ha chiarito dentro di me come affrontare una materia così cupa e violenta, e il personaggio che volevo raccontare: un uomo che, nel tentativo di riscattarsi dopo una vita di umiliazioni, si illude di aver liberato non solo sé stesso, ma anche il proprio quartiere e forse persino il mondo. Che invece rimane sempre uguale, e quasi indifferente”.
Qui la lotta per la sopravvivenza non ammette tenerezza e gli ultimi attimi del film rappresentano un’umanità confusa, rassegnata a sottomettersi ad una crudeltà bestiale, spietata. In una periferia sospesa tra metropoli e natura selvaggia, dove l’unica legge sembra essere quella del più forte, Fonte e Pesce hanno dato vita a uno dei film più belli di Matteo Garrone, sono riusciti a mettere in scena la natura umana nel suo stato primordiale, in cui la legge ti impone o di combattere o di perire, in un contesto quasi distopico.

“Ho iniziato a scrivere Dogman per caso, dodici anni fa e l’ho tenuto sempre nel cassetto ha dichiarato Matteo Garrone. Avevo qualche mese libero prima di girare Pinocchio e invece eccoci qua. Qualche volta è anche bello creare dei momenti speciali come è stato questo film». Visto da noi Dogman è davvero un bel film.

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