Una quarantina di casi, ventuno di essi sfociati in altrettanti provvedimenti di “ammonizione”. Bilancio complessivo degli ultimi sei mesi di violenza di genere rilevati dall’attività della Questura di Viterbo. I numeri però non spiegano esattamente la gravità del fenomeno perché ciò che preoccupa è la crescita degli episodi e la loro trasversalità: di genere, di età, di ceto sociale, di territorialità. Come farvi fronte? “Importante e denunciare gli episodi e farlo con rapidità”. Questo è il messaggio che arriva chiaro e forte nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta in Questura il 29 giugno mattina. A sottolineare la crescita del fenomeno il vice questore, Roberto D’Amico; a snocciolare i numeri, Alessandro Tundo della Squadra Mobile. Il loro è quasi un appello certamente alle vittime a denunciare in tempi rapidi brutalità e violenze, ma è pure un invito sostenuto alla collaborazione lanciato alle varie istituzioni, dal personale dei centri antiviolenza agli operatori sanitari e scolastici che spesso rappresentano i soggetti più delicati e comunque i terminali più numerosi ai quali le vittime si rivolgono. Violenza di genere, appunto, che va dagli stupri ai pestaggi ad atti vessatori di ogni genere. Tre casi registrati soltanto nell’ultima settimana nella Tuscia, una quarantina in sei mesi che quasi sempre nascono e comunque trovano terreno fertile in situazioni di disagio. In famiglia come magari sui posti di lavoro e nelle scuole. Telefonate, messaggi, percosse. “Purtroppo – sottolinea il responsabile della Mobile – la frequenza degli episodi è cresciuta nell’ultimo semestre, soprattutto in relazione al periodo di lockdown. E soprattutto tra i giovani, senza distinzione di sesso. Si tratta di un fenomeno crescente e trasversale. Combattere si può, importante è sempre anticipare i tempi della violenza”. (L. C.).
Viterbo, operazione di controllo nel centro cittadino.
foto FB Questura di Viterbo