Una yurta sull’Appennino, il libro di Marco Scolastici

Luciano Pasquini

E la storia di un ritorno e di una resistenza quella di  Marco Scolastici, il “pastore che ha sconfitto il terremoto”.

Da Tarquinia a Macereto tra i monti Sibillini, un viaggio a ritroso nel tempo. Perché come dice un proverbio Africano: “quando non sai dove andare, guarda da dove vieni”. La risposta è sempre dentro di noi, non serve cercarla fuori. Cosi Marco iniziata l’Università facoltà di Economia senza molto interesse, lascia l’azienda del padre a Tarquinia per spostarsi a Roma per  frequentare le lezioni. Capisce che quella non è la sua strada. Quando un giorno, nel caos di un bar della Capitale, vede un calendario con la foto di un grande acero, e sullo sfondo il Monte Bove lo riconosce; è il posto dove il suo bisnonno Venanzio era cresciuto e da dove era partito ad ogni  inizio dell’autunno per portare il gregge, in  transumanza, fino in Maremma, dove le condizioni climatiche e i terreni sono migliori. La Maremma è sempre è stata terra di frontiera, dove generazioni di poveri braccianti o di pastori in cerca di un pascolo per il proprio gregge, da strappare al latifondo, allora imperante, hanno lottato per la sopravvivenza, alla pari dei mezzadri cacciati dall’ovest degli Stati Uniti per via della crescente meccanizzazione, per approdare dopo mille tribolazione in California, dove poter sperare di lavorare come braccianti nei numerosi frutteti, e magnificamente descritti da John Steinbeck in “Furore”.

Marco Scolastici,ha una guida impensata nel suo nascente progetto di vita è il diario del suo bisnonno Venanzio dove con semplicità, annotava i fatti salienti della sua semplice e al tempo stesso autentica vita. Dalla facoltà di Economia a Roma, il giovane, classe ‘88, si trasferisce sugli Appennini, sulle montagne di Visso dove decide  di ristrutturare e potenziare l’azienda di Macereto.

Una yurta la tipica tenda della steppa Mongola usata dai pastori, sobria ed essenziale nella dotazione, perché costretti a cambiare continuamente pascolo, è la soluzione temporanea per ripararsi dal freddo, e sopravvivere ai danni causati dal terremoto, che nel 2016 ha piegato quelle zone. Le disgrazie come dicono gli anziani, non vengono mai sole quell’anno la neve cadde copiosa rendendo difficile se non impossibile far sopravvivere il gregge, ma la tenacia è qualcosa che ti porti dentro nel DNA quella stessa che ha aiutato i nonni a far fronte a tutte le avversità.

Marco decide di restare, a Macereto di lottare, tra mille difficoltà perché è arrivato finalmente  alla sua Itaca. La sua storia è stata raccontata da cronisti e scrittori e artisti di fama internazionale. A lui è stato conferito anche il premio Rigoni Stern «I Guardiani dell’Arca”, alla tenacia e alla tutela  di un’ambiente naturale quale quello Appennino.

 

Se uno pensa a un viaggio che ti cambia la vita, ha in mente ore di auto e di cammino. Treni e aerei . Chilometri a centinaia, cinque diverse, terre sconosciute, giorni e mesi che ti trasformano riportandoti a casa diverso. Ma ci sono viaggi molto più brevi da cui non tornerai mai uguale. Sono quelli dalla sedia dove il giorno della maturità aspetti il tuo turno alla cattedra, i pochi passi che separano una sala d’aspetto alla scrivania di un oncologo, i centimetri che percorre la tua mano per afferrare un blocchetto di post-it,  i seicento metri che feci quel giorno. Seicento metri lungo i quali ho incontrato tutto quello che può contenere una vita: fatica, gioia, vita, speranza, morte amicizia.

 

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