Trilussa e quella “passione” per Grotte Santo Stefano

All’anagrafe era Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri, per il mondo è Trilussa.
Per alcuni anni, il poeta, scrittore e giornalista celebre per le sue composizioni in dialetto romanesco visse a Grotte Santo Stefano, prigioniero di un amore che lo aveva letteralmente stregato. La donna in questione era una giovane attrice di origini grottane, che seguì fin qui, vivendo per un po’ proprio in questa piazza, prima di fare ritorno, non corrisposto, nella Capitale. Tante le sue avventure sentimentali ma in realtà fu Rosa Tomei, per 40 anni  la compagna di Trilussa. Rinunciò a tutto pur di stare con lui, diventando così l’allieva, collaboratrice, ispiratrice, conoscitrice, poeta… convivente del grande poeta.La donna che lo accompagnò fino alla fine dei suoi giorni . Tra di loro c’erano 45 anni di differenza.

Trilussa nacque a Roma il 26 ottobre  1871 e qui morì il 21 dicembre  1950. Questo 2021 saranno i 150 anni dalla sua nascita, chissà se almeno Roma se ne ricorderà… Divenne popolare in tutta Italia quale interprete della poesia dialettale romanesca attraverso numerose raccolte poetiche. Notevoli sono le sue argutissime favole, mezzo espressivo che si fece anche portavoce di un’avversione al regime fascista.
L’Italia è in guerra e Trilussa ne registra i dolori in Lupi e agnelli, pubblicato nel 1919.
Non frequenta il caffè Aragno, ritrovo degli intellettuali romani: preferisce l’osteria, anche se indossa abiti eleganti.
La fama di Trilussa è tale che le sue opere arrivano all’editore italiano più importante, Mondadori, che gli pubblica i suoi libri. Scrive testi per Fregoli e Petrolini. Eppure ha problemi economici; le entrate che gli vengono da pubblicazioni e collaborazioni giornalistiche, sono appena sufficienti. Nel dopoguerra, le sue condizioni economiche sono sempre modeste e si fa anche cagionevole lo stato di salute. Rinuncia all’osteria e alle passeggiate, soffre di asma. Esce nel 1944 l’ultima raccolta di poesie, “Acqua e vino” e poi sarà il silenzio.

Il 1° dicembre 1950 Luigi Einaudi lo nomina senatore a vita “per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo letterario ed artistico”. Sommerso dai telegrammi, lettere di congratulazioni che gli giunsero da tutte le parti del mondo, disse agli amici che erano con lui: “Hanno trovato la maniera di seppellirmi prima del tempo”.
Venti giorni dopo Trilussa muore: è il 21 dicembre del 1950.

È sepolto nello storico  Cimitero del Verano a Roma. Sulla sua tomba in marmo è scolpito un libro, sul quale è incisa la poesia Felicità scritta nel 1939.

C’è ‘n’ape che se posa su un bottone de rosa: lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità è ‘na piccola cosa.

 

Nella foto a dx, il disegno dedicato a Trilussa nel progetto Sportelli d’Autore a Grotte Santo Stefano.

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