TFF. Il cattivo poeta, riempie la piazza ,Jodice traccia lo scandagliare spirituale ed intellettuale di un uomo

Di Veronica Pacifico

La piazza san Lorenzo, sotto le stelle, la notte di martedi 20 luglio è tornata a far rivivere i tempi precedenti alla pandemia.Il cattivo poetafilm  scritto e diretto da Gianluca Jodice un biopic incentrato su Gabriele D’Annunzio, interpretato da Sergio Castellitto ha riempito tutti gli spalti in armonia con il distanziamento posto in norma dalle misure anti- Covid.

I muri entro cui si muove Gabriele D’Annunzio, interpretato da Sergio Castellitto, son tappezzati da immagini di Hitler o Mussolini, quasi a volerne enunciare la fede popolare dell’epoca, a cui il poeta non è estraneo. I movimenti di macchina guidano lo spettatore inesorabilmente verso queste figure austere, quasi fossero messaggi subliminali e la realtà sembra essere pervasa dalla presenza del “ridicolo Nibelungo”, Hitler, così chiamato dal cattivo poeta. Nonostante ciò Gianluca Jodice, il regista, evidenzia a parole la sudditanza psicologica di Mussolini rispetto a D’Annunzio, di cui apprezzerà l’autoreclusione nel Vittoriale, complesso monumentale sul Lago di Garda, di cui lo stesso poeta fu committente. Come è stato definito dal medesimo regista, il Vittoriale, “opera di pietra viva”, è propriamente la poetica di D’Annunzio, che visse in penombra la sua vita da uomo e questo chiaroscuro, bisogna dire, è rappresentato con alta fedeltà dai colori del film, saturi fino a sacrificarne la fotografia. Tale atmosfera, per quanto claustrofobica per lo spettatore ignaro delle scelte stilistiche, è perfetta per tracciarne la trama.

Ci troviamo nella primavera del 1936 ed il poeta italiano D’Annunzio sarà sorvegliato dal giovane federale Giovanni Comini, l’attore novello Francesco Patanè, assegnatogli dal Segretario del Partito Fascista, Achille Starace. Comini, inizialmente un vero e proprio antagonista del poeta, verso la fine del film, ne coglierà l’autenticità e la bellezza delle intenzioni. A sostenere la figura di D’Annunzio, nel film, sono i testi da lui pronunciati, parole reali che Jodice ha estrapolato da dialoghi ed espressioni storicamente riconosciuti. Un lavoro, questo, davvero interessante e valido che rende la struttura di parole incrollabile.

Gli attori sembrano muoversi  come fossero in un fotomontaggio e questo è forse dovuto alle architetture fasciste, austere e impraticabili, che vanificano la presenza dell’essere umano. Ritornando al Vittoriale nel film, stando alle parole di Jodice, è quello vero e non ricostruito a Cinecittà, perché irriproducibile soprattutto nella resa di un’atmosfera rarefatta e perennemente in penombra, come del resto, lo è il protagonista insieme con il suo fantomatico antagonista. A tal proposito, Patanè sembra sostituirsi al protagonista e questa è un’altra pecca del film. Si, non si capisce se viene prima Comini o D’Annunzio. Ad ogni modo, l’evoluzione naturale del rapporto migliora il tiro della relazione in un film inattuale per la scelta filologica del regista, a suo dire.

Insomma, “Il cattivo poeta” di Jodice, non è un film meramente biografico od un semplice ritratto d’artista, ma è lo scandagliare spirituale ed intellettuale di un uomo, Gabriele D’Annunzio, che ha vissuto in nome di una bellezza reale e che, per quanto fosse interrotto dall’uso della cocaina e del sesso sfrenato, ha reso grazia al suo Paese.

I nudi di donna nel film, son nudi ripresi dalle statue che puntellano lo spazio razionale e concreto, quasi a ricordare che non esistesse solo una colata di marmo in Italia, all’epoca, ma anche persone geniali il cui cuore batteva in rima con la politica.

 

 

 

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