TFF. Gran finale con Last words un film che evidenzia la necessità della settima arte

di Veronica Pacifico

Il regista Jonathan Nossiter, un amante della Tuscia parla di “Last words” nella calda notte  di venerdì 23 luglio nella piazza del  Tuscia Film Fest ,l’ultimo giorno di questa edizione 2021 che ha chiuso il ciclo di 8 proiezioni e incontri con l’impegno riuscito di di dare un segnale di ripresa e di possibile ritorno alla normalità dalla pandemia.

TFF nella serata di venerdì 23 luglio ha dimostrato ancora una volta  quanto il pubblico viterbese ami il cinema e quanto aveva bisogno di ritrovarsi.

Una carrellata di stelle è salita sul palco di piazza san Lorenzo insieme a Stellan Skarsgård e Kalipha Touray un rifugiato del Gambia,  il regista Jonathan Nossiter per presentare ‘Last words un film di denuncia ambientale, usa parole e concetti molto chiari.

“Il film afferma Nossiter cerca di creare un mondo immaginario in cui poter riflettere e dove chi guarda dovrebbe avere la libertà di trovare uno spazio personale.Così di fatto è. Un film post-apocalittico per rendere omaggio al cinema.

Difficile stabilire il genere. Cinema di poesia? O film di finzione di fantascienza? Apocalittico? Di sopravvivenza? La sceneggiatura, stretta, non aiuta a fornire una risposta precisa. E’ questo un film che vuole parlare per immagini, dove le parole sono accessorie. “Dobbiamo inventarci qualcosa tra la vita e la morte”, si dice. E non aggiunge nulla più. In effetti, ciascun fotogramma lascia da pensare ed appunto, evidenzia la necessità della settima arte.

I primi movimenti di camera sono a mano e lasciano presagire un racconto avvincente, che poi sfuma in un’amicizia tra un ragazzo senza nome ed un vecchio che vive di solitudine e di cinema. Il rapporto rimanda a “Nuovo cinema paradiso”, ma poi si perde quando lo spettatore da che si affacciasse ad un mondo privo di vita, si trova davanti al quotidiano di un gruppo di sopravvissuti sciroccati che vivono come dei frikkettoni a Christiania. Il protagonista, di colore, fa pensare a Will Smith in “Io sono leggenda”, ma poi non compie azioni che lo assurgeranno ad un ruolo essenziale nella storia del cinema.

Che dire. Per scoprire la qualità di un film, bisogna visionarlo senza alcuna colonna sonora per riconoscere se i fotogrammi, l’uno accanto all’altro, funzionino più o meno bene. Qui, c’è poco di soundtrack e sottolinea la criticità di alcuni momenti, ed è corretto, ma non basta.

Il montaggio è interessante ed è agevolato da scelte registiche, a volte, avvincenti Ed affiorano immagini molto potenti, come quelle della creazione della pellicola, che a mio parere, potrebbero essere ricordate nel futuro, come accade per il taglio dell’occhio della protagonista in un “Chien andalou” di un Bunuel con Dalì.

Il film evoca quel qualcosa del cinema che ci fa battere il cuore più o meno forte quando ci si trova dinnanzi ad un’opera bella.

Le metope del Partenone che troviamo sul finale del film, non sono riprese casuali, come il requadrage delle colonne dello stesso e prima, degli alberi del bosco. Tutto ruota intorno alla ripresa ed al linguaggio cinematografico e quando l’orto dei frikkettoni germoglia ed inverdisce lo spazio che per motivi evidenti, è desertico, non vediamo altro che la firma dell’autore che annuncia che il cinema resiste e che necessita, comunque di rifiorire.

Il Tuscia Film Fest si sposterà  da questo sabato 24 luglio per quattro sabato consecutivi a Palazzo Doria Pamphilj di San Martino al Cimino per Enocinema, un ciclo d’incontri che avranno come protagonisti il grande schermo e le cantine della Tuscia. Prosit.

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante una o più persone, attività all'aperto e folla

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