“Sotto stretta sorveglianza” doppia presentazione del libro di Quattranni nel Giorno della Memoria

Sarà presentato in due iniziative lunedì 27 gennaio, in occasione della Giornata della memoria, il libro Sotto stretta sorveglianza. Tracce degli internati ebrei nell’Alto Viterbese durante il fascismo di Antonio Quattranni, pubblicato da Annulli Editori. La prima è dedicata agli studenti e si terrà presso il cinema Olimpia di Acquapendente alle ore 9,15 alla presenza del sindaco Angelo Ghinassi, dell’assessora alla cultura Gabriella Brenci e della dirigente scolastica Luciana Billi. Insieme all’autore, interverrà Marcello Rossi, bibliotecario della comunale.
La seconda iniziativa si terrà nel pomeriggio, alle ore 17, a Bolsena presso l’auditorium comunale con la partecipazione dell’assessora alla cultura Raffaella Bruti, Antonio Mattei, direttore del periodico La Loggetta, Giancarlo Breccola, storico locale e l’editore Leonardo Annulli.

L’ampia storiografia relativa all’internamento degli ebrei durante il fascismo che si è sviluppata nei decenni recenti, ha consentito di considerarlo nei suoi vari aspetti e di conoscerlo a fondo. Le ricerche condotte a più livelli e per numerose località ne hanno evidenziato con chiarezza i tratti comuni e hanno fornito testimonianze significative. Tuttavia non è da ritenersi superfluo aggiungere contributi, anche quei tasselli che possono essere forniti dall’indagine sulle vicende dei piccoli comuni nei quali l’internamento cosiddetto «libero» è stato attuato. La presentazione delle tracce più significative dell’internamento nell’area dell’Alto Viterbese è il contenuto del volume, che intende unire all’indagine sui documenti una cornice generale, anche a carattere didattico, sulle disposizioni previste dalle leggi razziali del 1938-39.
Furono ben trentadue i comuni, collocati soprattutto nell’area intorno al lago di Bolsena, coinvolti come sedi di internamento tra il giugno 1940 e l’inizio del 1943. Attraverso la documentazione rinvenuta nei fascicoli personali, il testo racconta la «quotidianità negata» dalle oppressive norme alle quali gli internati erano sottoposti in quel periodo, che per molti si è concluso con la deportazione.

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