“Per non dover più morire, per essere libere”: gli studenti del Midossi di Civita Castellana fanno eco alle donne dell’Iran

Dal mito di Apollo e Dafne alle pagine dei Promessi sposi, dalla sposa bambina di Bebbe Fenoglio all’uccisione dell’angelo del focolare di Wirginia Woolf: la letteratura occidentale pullula di pagine più o meno sfumate che raccontano e problematizzano il tema della violenza di genere. Non stupisce, quindi, che le amate-odiate ore di italiano siano la finestra per guardare l’attualità con occhi nuovi. Protagonisti di questo salto, dall’aula alla realtà, sono venti studenti dell’Itis Midossi di Civita Castellana che hanno scelto di rendere omaggio alla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne tessendo un dialogo con due coraggiose testimoni. Da un lato, dunque, gli studenti, e dall’altro capo del filo due “donne persiane che hanno sofferto”. Preferiscono non svelare i loro nomi per timore di ripercussioni.  Sono due sorelle, una di Tabriz, città dell’Iran nord occidentale, l’altra trasferitasi da anni nel viterbese.

A innescare la scintilla è uno studente italo-iraniano che, in un pomeriggio di novembre, ha acceso in classe un riflettore sulla sua terra d’origine citando uno dei suoi padri letterari, il poeta epico Ferdowsi, e rileggendo alcuni autori persiani che sostengono la parità di genere. La curiosità fa subito breccia, parte quindi la voglia di spingersi oltre, di intercettare qualche voce vera, che spiegasse loro cosa stia accadendo. Nasce così quest’intervista scritta a più mani, un dialogo scarno ma autentico. Un’intervista che non dice nulla di nuovo rispetto alle cronache sulle piazze infuocate dell’Iran in rivolta ma che racconta la voglia delle nuove generazioni di affrancarsi da integralismi e regimi.

 

Da donne iraniane, cosa pensate di quanto sta accadendo in Iran da ormai mesi?

Crediamo sia giunta l’ora che i dittatori lascino il governo perché stanno dando problemi da ormai da quarant’anni.

Vi sareste mai aspettate che la situazione in Iran diventasse così incandescente?

Sì perché sono molti anni che si levano voci di proteste, quello che vediamo ultimamente è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso

Siete scese in piazza a protestare?

Certo, siamo scese a protestare e con noi stanno lottando molte altre persone. C’è però ancora tanta paura nel manifestare, un timore che ormai accompagna da anni chi vive nella nostra Repubblica islamica.

Come hanno reagito gli uomini di vostra conoscenza alla notizia delle proteste?

Sentiamo molta solidarietà da parte loro. Anche gli uomini stanno subendo ingiustizie e sono vicini alle loro donne. Siamo tutti insieme contro l’attuale governo.

Settimane fa in Europa si è molto diffusa sui social la protesta simbolica del tagliarsi una ciocca di capelli per manifestare solidarietà alle donne. Cosa ne pensate?

Tagliarsi una ciocca di capelli non aiuta la nostra protesta, perlomeno non è questo il punto. Noi personalmente non lo abbiamo fatto ma combattiamo e moriamo protestando. Se l’Europa volesse davvero darci una mano dovrebbe attivare modalità più concrete. In questo momento ci sentiamo da sole contro un governo autoritario e da sole non facciamo la differenza.

 

Dal vostro punto di vista ci sono donne iraniane che non sono a favore dell’uguaglianza tra uomini e donne?

 

Le uniche donne che non sono d’accordo sono le mogli dei dittatori alle quali non importa più di tanto il futuro del loro Paese perché vivono spesso fuori, sono incolumi da tutto.

 

Sono morte già tante donne iraniane, secondo voi vale la pena morire e sacrificarsi per questo ideale?

Sono morte tantissime donne anche prima che esplodesse tutto questo eppure mai nessuno ha sentito la nostra voce. Sono morti anche alcuni dei nostri amici. Sì, vale la pena morire per essere libere piuttosto che vivere e rimanere senza diritti.

 

*Insegnante prof.ssa Paola Maruzzi

COMMENTA SU FACEBOOK

CONDIVIDI