Il pensiero di Hannah Arendt: con Maria Grazia Di Marco a Progetto Dialogoi

La filosofa tedesca Hannah Arendt nasce il 14 ottobre 1906 a Linden, un sobborgo di Hannover, dove allora abitavano i suoi genitori Martha e Paul Arendt, appartenente alla borghesia ebraica. Pur non avendo ricevuto un’educazione religiosa di tipo tradizionale la Arendt non negò mai la propria identità ebraica, professando sempre la propria fede in Dio. Dedicò tutta la vita allo sforzo di comprendere il destino del popolo ebraico e si identificò totalmente con le sue vicissitudini.

Del suo pensiero se ne parlerà nel prossimo appuntamento della rassegna Progetto Dialogoi: Echi del presente promossa da Civitonica, serie di interventi di approfondimento sui temi della filosofia contemporanea in relazione all’attualità. L’appuntamento è per giovedì 16 febbraio alle 16 presso la biblioteca comunale di Civita Castellana.

Scappata dagli orrori della Germania nazista, la filosofa nel 1940 trova rifugio insieme al marito e alla madre negli Stati Uniti, grazie all’aiuto del giornalista americano Varian Fry. Qui, dopo aver lavorato come tutor universitario ed essere divenuta attivista della comunità ebraica di New York, comincia a collaborare con alcune testate giornalistiche. Come inviata del New Yorker in Israele, Hannah si ritrova così a seguire da vicino il processo contro il funzionario nazista Adolf Eichmann, da cui prende spunto per scrivere La banalità del male, un libro che andrà incontro a molte controversie.

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