Paolo Moricoli, lo scopritore di talenti silenzioso

di Arnaldo Sassi

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Scout è una parola inglese, che significa esploratore, scopritore. E scout è la parola giusta per definirlo, senza alcun dubbio. Insieme a un’altra parola: solidarietà. Di chi stiamo parlando? Di Paolo Moricoli, 56 anni, viterbese doc, professione bancario. Ma con un bagaglio personale da far paura.

Intanto la ciliegina sulla torta, a proposito di scout: lui è stato il talent scout di una certa Anna Tatangelo. Si, proprio lei. Quella che nel 2002 vinse la sezione giovani del festival di Sanremo con la canzone “Doppiamente fragili” ed è poi diventata una star della musica leggera italiana.

Ma, sempre a proposito della parola scout, ha fatto il capo-scout per ben 36 anni, occupandosi di tutte le attività inerenti lo scoutismo, nato da un’idea del generale inglese Robert Baden-Powell nel 1907, movimento fondato sul volontariato e sull’imparare facendo, attraverso attività in gruppi e all’aria aperta.

E allora partiamo dall’inizio. Come è cominciata l’avventura?

“Tutto ebbe inizio nell’ottobre 1985. Ci fu un tragico incidente a Tuscania, dove morirono quattro giovani. Erano tutti capi-scout. Andai al funerale, in Duomo. E lì arrivò la chiamata”.

E poi?

“E poi sono andato avanti per tutti questi anni, mettendomi al servizio degli altri. Perché il motto degli scout è quello di servire. E così ho insegnato ai ragazzi quanto sia bello essere utili al prossimo, cercando sempre di coniugare eventi in cui c’era il divertimento con la solidarietà. Per far questo ho collaborato di volta in volta con la Caritas, con Viterbo con amore, con l’Emporio solidale, con l’Avis e con Legambiente”.

Adesso però ha abbandonato…

“Sì, un mese fa”.

Il motivo?

“Mi sono accorto che lo scoutismo di oggi non è più quello di quando ho cominciato. Del resto sono passati 36 anni ed è cambiato tutto. E’ cambiato il mondo…”.

Sono aumentate le difficoltà?

“Beh prima i ragazzi che venivano facevano solo quello. Oggi devono coniugare questa attività col calcio, col corso di inglese o di chitarra, con la scuola al pomeriggio e altre cose. Però la partecipazione è ancora alta. I numeri dicono che siamo al massimo del consentito. I problemi maggiori riguardano gli adulti, perché fare il capo-scout è praticamente un secondo lavoro”.

Bene. Archiviamo il capitolo boy scout e passiamo all’altro, forse più emozionante…

“Il mini festival?”

Certo. Partiamo dall’inizio.

“L’idea nacque nel 1997. Da qualche anno, in occasione della festa parrocchiale della Sacra Famiglia, al Carmine, mettevamo in piedi qualche iniziativa ludica. Facevamo il karaoke, perché all’epoca andava di moda, giacché in televisione lo faceva Fiorello. Poi ci venne in mente di fare qualcosa di più impegnativo”.

E pensaste a un festival per bambini…

“Sì. Reclutammo ragazzi dai 6 ai 14 anni e facemmo cantare loro le canzoni dei grandi. Fu subito una cosa molto gradita ed ebbe successo”.

E arrivò il 1999…

“Mi avvicinò una persona di Tuscania. Mi parlò di un suo amico a Sora che aveva una figlia che cantava molto bene. Si chiamava Anna e aveva 13 anni. Gli dissi di farla venire e nel provino cantò una canzone di Elisa. Poi, mentre stavamo smontando l’attrezzatura, il padre mi si avvicinò e mi chiese di farle cantare un’altra canzone: ‘Gli uomini non cambiano’, di Mia Martini. Era una canzona complicata, ma la feci provare. Rimasi di sasso. Non sembrava una ragazzina, ma la copia di Mia Martini. Eppure quell’anno arrivò seconda”.

Ma l’avventura è continuata…

“Sì, vinse l’anno successivo. Guarda caso con una canzone di Gigi D’Alessio”.

Poi arrivò Sanremo…

“Nel 2002. Trionfò nella sezione giovani e nei giorni successivi andai a casa sua, regalandole una bandiera degli U2, visto che era una fan del complesso”.

Vi siete più rivisti?

“Certo. Dopo la vittoria a Sanremo le proposi di venire a Viterbo per un’iniziativa di Viterbo con amore. Fu un delirio, coi ragazzini che le correvano dietro per avere un suo autografo”.

E poi?

“Circa otto anni fa ci fu un’iniziativa di Panorama a Viterbo. Io ero tra il pubblico, in incognito. Quando l’intervistatore le parlò del mini festival lei si alzò in piedi e urlò: ‘Il mini festival è lui’, indicando il sottoscritto. Così dovetti salire sul palco e l’intervista proseguì a tre”.

Oggi vi sentite ancora?

“Sì, soprattutto tramite Facebook. Ho ancora contatti anche col padre”.

Il mini festival ha sfornato anche un altro talento…

“Antonio Poli. Oggi ha 36 anni ed è un artista affermato. E’ un tenore che canta in tutti i teatri del mondo. E poi ci sono altri che potrebbero emergere”.

Nel suo curriculum vitae c’è anche la politica…

“Io penso che la politica, se vissuta bene, sia la più alta forma di servizio nei confronti della collettività, anche se spesso se ne dà un’accezione negativa. Io mi ci sono dedicato da sempre, soprattutto dal punto di vista ambientale e solidaristico. Poi, nel 2013, fui eletto consigliere comunale. E, pur tra alterne vicende, non credo di aver fatto un lavoro negativo”.

E oggi?

“Ho deciso di riprovarci ed è andata bene. Vorrei contribuire a cambiare le cose. Ma per cambiare le cose ci vuole tempo. Vedo che i consiglieri più giovani mordono il freno, vorrebbero tutto e subito. Ma la politica ha i suoi tempi ed è lenta…”.

Più soddisfazioni o più delusioni?

“Per il tempo che ci si dedica qualche delusione arriva, ma poi ci si rende conto che certe cose da soli non si possono fare. Bisogna farle tutti insieme, soprattutto quelle importanti. E questo, quando ci riesci,  ti dà soddisfazione”.

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con Anna Tatangelo

Moricoli scout dentro

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