Molte scuse Signora Cicala, il racconto breve di Maria Teresa Muratore

di Maria Teresa Muratore

Dalla poesia  di La Fontaine alla Giornata dell’Ambiente il ripensamento della scrittrice  sulla Cicala….

Molte scuse Signora Cicala.

Il était une fois la cigale e la fourmi…

La cigale, ayant chanté
Tout l’été,
Se trouva fort dépourvue
Quand la bise fut venue.
Pas un seul petit morceau
De mouche de vermisseau.
Elle alla crier famine
Chez la Fourmi sa voisine,
La priant de lui pretêr
Quelque grain pour subister
Jusqu’à la saison nouvelle.
«Je vous paierai, lui dit-elle,
Avant l’août, foi d’animal,
Intérêt et pricipal “.
La Fourmi n’est pas prêteuse;
C’est là son moindre défaut.
«Que faisiez-vous au temps chaud?
Dit-elle à cette emprunteuse.
– Nuit et jour à tout venant
Je chantais, ne vous déplaise.
– Vous chantiez? j’en suis fort aise.
Et bien! Dansez maintenant. »

 

La mamma, mi raccontava questa favola quando ero bambina, e me la raccontava in francese perché lei a scuola lo insegnava, ed enfatizzava molto il punto del dialogo in cui la cicala diceva “io cantavo”, ed io mi immaginavo con quanto orgoglio lo diceva a quella taccagna della formica che non voleva darle neanche una briciolina di tutto il suo tesoro accumulato, e mi immaginavo pure la formica che mi sembrava abbastanza cattivella nel rispondere acida “avete cantato? Ebbene ora danzate allora”. La prima sciocca e vanesia, la seconda risparmiatrice e previdente delle future difficoltà invernali. E la cicala, quando la formica le chiedeva che cosa avesse fatto durante l’estate, forse pensava “ma che domanda mi fa questa? Che non c’era anche lei? Non mi sentiva quando cantavo?” la vedevo sconcertata da quella domanda, e lei nel rispondere forse già si accorgeva dello sguardo accusatore della formica e si sentiva in colpa e umiliata. Era una favola molto triste, e anche se la morale voleva dire di fare come la formica in realtà la simpatia andava a quella povera cicala.

Oggi, in occasione della Giornata dell’Ambiente, a radio tre hanno presentato un libro che parla degli insetti, ed ho scoperto che la cicala ha un ciclo vitale molto particolare: vive per sette anni sotto terra allo stadio di larva e poi esce all’aria e passa la sua estate a cantare.

Ma vi rendete conto? Passa sette lunghi anni sotto terra, tutti uguali, senza luce senza colori senza suoni.

Poi esce, e scopre un mondo…il mondo! E che può fare uno ubriaco di tanta bellezza se non cantare la sua meraviglia, la sua gioia, la sua felicità, come un novello San Francesco che ringrazia Dio nel cantico delle creature.

Le cicale annunciano tutte insieme, con forza, come possono, con quel loro frinire ossessivo che pare ci faccia sentire l’estate ancora più calda, questo messaggio di euforia, di vita, e ci dicono “godetevelo questo mondo che avete, questi colori, questa luce, siate contenti, perché siete benedetti e non lo sapete”.    Allora scusa, Signora Cicala, etichettata come vanesia e sciocca: non avevamo capito che eri quella che invece avevi colto il vero senso della vita.

E mi viene in mente la parabola di Marta e Maria, quando Gesù era andato a trovare le due sorelle e mentre Maria si era messa ai suoi piedi ad ascoltarlo Marta invece continuava a sfaccendare, e non contenta gli disse “Signore, non vedi che mia sorella mi ha lasciata da sola a servire? Dille di aiutarmi!” ma il Signore le rispose “Marta, Marta, tu ti affanni e ti preoccupi di troppe cose! Una sola cosa è necessaria. Maria ha scelto la parte migliore e nessuno gliela porterà via”.

Ma, non sarà che Dio le cicale le ha messe a monito per noi, formichine affannate accumulatrici ed egoiste?

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