M’arìcordo: “Stracciarolo” di Ostelvio Celestini

Lo Stracciarolo era colui colui che, con proprio carrettino o mezzo ambulante, comprava e vendeva oggetti usati e vecchi. Era un mestiere praticato già dalla fine del XVI secolo.  Campava comprando vetro rotto, ferri e strazzi”.
Faceva anche dei cambi: lui dava utensili per cucina nuovi. Il suo grido era:

Arriva lo Stracciarolo, “Roba vecchia!”

Coloro che sono nati  negli anni 50 e 60 a Viterbo e anche nei paese del viterbese lo ricordano arrivare  nel giorno prestabilito  per ritirare tutta la roba vecchia, per cui la cliente riceveva  in cambio una bacinella oppure uno scoalapasta, questa più o meno era la contropartita.

Viviamo questa figura nel racconto dello scrittore dialettale Ostelvio Celestini nella tappa dello Stracciarolo* a Pianoscararano il suo quartiere.

 

M’arìcordo: Stracciarolo

Nel rione, una volta la settimana, un carretto trainato da un somaro pian piano camminava sulle vie fermandosi a richiesta.
Una voce gridava per richiamare l’attenzione delle donne che si trovavano all’interno delle proprie case:
“Stracciarolooooo!!!! Stracce,… scarpacce,… rame, ottone, piombo, ferro, allumigno vecchio e pelle de conijooo!!!”.
Le donne interessate, che per tempo avevano preparato gli stracci o altronon più servibile, scendevano da casa e si avvicinavano al carretto dove erano esposti: bagna piedi, catinelle, bottiglie, bicchieri, fiaschi, piatti e attrezzi da cucina.
Il proprietario di questo negozio ambulante si chiamava Nello. Uomo mite, un po’ debole d’udito, ma aveva innato il senso degli affari.
Gli stracci e tutto il resto che nel suo richiamo aveva elencato potevano essere pagati in contanti (qualche lira o centesimi) o barattati, previo conguaglio, con qualche articolo esposto.
Iniziava la trattativa. Nello prendeva la bilancia (stadera), pesava gli stracci, metalli o altro, calcolava mentalmente e diceva: “Te do 50 centesime!…, 1 lira!…, 2 lire!!!”
“Ma che sete matto??” rispondeva la donna, “Tutta sta robba pe’ ‘ste poche sorde!!!… come minemo m’ete da da’ ‘n bagna piede!!!”.
“’N bagna piede??? Ar massemo… te pòzzo da’ ‘na cunculina!!!”.
Tira e molla, alla fine la donna prendeva una catinella e 2 bicchieri e rimanevano contenti entrambi.
Questo era il commercio d’allora.

  • Il racconto è tratto dal libro M’aricordo…Piascarano che fu (dal 1938 al 1988)
  • Prossimo racconto l’11 novembre 2020
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