“L’uno nell’altro” il racconto breve di Margherita Cafagna

di Margherita Cafagna

Questo nuovo racconto breve di Margherita Cafagna  è in realtà un ritratto dei sentimenti, costruito attraverso i personaggi in cui le parole  sono sonde per scavare dentro di se in un ritmo veloce in cui tutto alla fine rimane appeso e sta al lettore immaginarne il finale.

 

L’uno nell’altro

Volevamo essere chiunque non fossimo in quel presente, intraducibile.
Il desiderio di qualcosa privo d’identità, senza nome.
Volevamo essere quella sensazione di completezza che a forza di anelarla ci incatena ad
una continua mancanza di sé.
Ci trattiene sul fondo dello stomaco, intenti a grattare via una nauseante percezione di
impotenza.
Parlo al plurale poiché ci consideravamo l’uno la metà imprescindibile dell’altro.
In maniera totalmente illogica ma incantevole, ciò portava ad essere un solo individuo chealloggiava in ognuno di noi.
Stessa mente, stesso cuore.
Io sono Lorenzo, e sono colui che guarda fuori dalla finestra, e scrive di noi, di loro a pochimetri da me.
Ascolto “Cyrano” di Guccini, l’illusione entro cui viviamo quando ci raduniamo in questa
stanza immobile, con l’incoscienza di non guardare mai oltre questa finestra, proprio dove sto guardando ora io, dove ogni cosa si muove ad una velocità senza ritorno, mentre noi ci sentiamo in diritto di voler riempire lo spazio di inconsistenza.
Poco distante, seduta sul divano in una posizione indescrivibile, scomposta similmente ad un quadro di Picasso, c’è Lucrezia, interessata a vaneggiare su quanto sarebbe bello viveretutti assieme in un’unica grande villa sperduta in qualche isola caraibica, non facendo i conti con le proprie tasche bucate e la sua inesistente propensione nel tentare di riempirle.
Tra una boccata di cannabis ed un sorso di Tennent’s, mette a dura prova la pazienza di Paolo, che fortunatamente ne ha da dispensare per tutti.
Seduto accanto a lei, con il volto rivolto verso il soffitto, assorto in chissà quale congettura senza via d’uscita, è già a metà del pacchetto di Marlboro rosse comprato un paio d’ore fa.
Probabilmente l’intenzione è quella di furmarle tutte nel più breve tempo possibile, così da potersi procurare una scusa più o meno valida, per evadere dalle chiacchiere di Lucrezia che continuano a rimbalzare senza tregua, in questo piccolo spazio soffocato dal fumo sbuffato da ogni bocca presente.
La verità è che Paolo ha una paura sconcertante di poter ferire chiunque, con una parola di troppo, un tono non ponderato, una carica troppo repressa esposta al momento sbagliato.
Perciò, preferisce sopperire in silenzio, sfidando la sua stessa tolleranza oltre il limite di
qualsiasi concezione umana.
Il timore di non saper gestire le conseguenze delle proprie scelte.
Di creare un nodo troppo stretto da non poterlo sciogliere semplicemente tirando l’estremità giusta del laccio.
Accovacciata sul pavimento, nel suo angolo preferito della stanza, con la schiena
costantemente ricurva sul blocco da disegno, c’è Anna.
Un’affascinante miscela di carattere e sensibilità portate all’estremo potenziale per la
giovane età.
Una forza della natura, contro la natura di ogni insensatezza.
Sempre pronta a strappare via quel velo di superficialità e comodità sotto il quale tutto si
rifugia.
Ha quasi sicuramente trasformato la cantilena incessante di Lucrezia, in qualche strana
forma da scarabocchiare tra i suoi fogli disordinati.
Ammaliante.
Le sue mani rendono la sua memoria meno ingannevole di qualsiasi altra.
Le sue mani, i suoi occhi, fermano il tempo, imprigionano il momento in qualsiasi opera fruibile abbia desiderio di creare all’istante.
Una fotografia, un disegno, una poesia, una canzone, qualche nota strimpellata alla chitarra, un video random di qualche minuto.
Anna è una scatola di vita vissuta, dalla capienza indefinibile.
Anna è il mio sogno proibito.
La persona che ho desiderato essere solo mia, con un’egoista pretesa che nessuno
dovesse scorgerne la preziosità.
Chiunque abbia avuto la maledetta fortuna di incontrarla ha vissuto nell’illusione di avere
ancora un qualsiasi tipo di controllo di sè, perso invece, più o meno, dopo qualche ora
passata tra le sue fantasie, ad ascoltare i suoi sogni.
Che stupido…provare una così meschina volontà che mai avrebbe potuto combaciare con la sua.
Così libera e dedita a chiunque abbia quel minimo di attenzione per poterla cogliere!
Mai e poi mai avrei potuto sottrarla al mondo, danneggiando l’uno e l’altra, e di conseguenza annullando totalmente me.
Misero di fronte a cotanta grandezza.
Anna ti fa sentire accolto in ogni parte di sè, alcuna riluttanza puoi trarre dalla sua persona.
Alcun disprezzo, giudizio, senso di prevaricazione.
La sua voce ti abbraccia con così tanta dolcezza da non desiderare di ascoltare altro per il resto del tempo a venire, da qui a quando sarà lei a dividere il vostro spazio.
Un giorno inizierò una nuova pagina, e parlerò di lei fino a consumare tutto l’inchiostro della penna, e di quella che mi servirà per proseguire, e delle altre cento che andrò a comprare per l’inesauribile flusso di amore che questa ragazza alimenta in me.
Un giorno la mia mente, che troppo ha viaggiato, vi parlerà di noi, di Lorenzo e di Anna, nudi l’uno nell’altra, da non trovarne l’inizio e da perdere le speranze nel cercarne la fine.
Ma oggi, non sarà quel giorno, farò perciò un passo indietro tornando nella stanza, alla
finestra oltre la quale continuo a sbirciare.
A questo punto forse dovrei fare qualche passo indietro e scrivere qualcosa su di me.
Su chi sia Lorenzo, oltre al ragazzo alla finestra che fuma Camel morbide, e scrive di tempo che sfugge fuori da stanze immobili.
Ma in fin dei conti, io ho già parlato di me.
Mi sono ritagliato quello spazio tra le righe che tanto ci si sforza di trovare, pensando di
cogliere così la vera anima di ogni scritto, ignorando che in realtà, semplicemente, lo si
acquisisce inconsciamente durante tutta la lettura.

Anna, Lucrezia e Paolo.
Anna, Lucrezia, Paolo e Lorenzo.
Io e loro.
Noi.

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