LO SCAFFALE/Gabriele Romagnoli – Solo i treni hanno la strada segnata

“Il passato è un posto dove non torno mai. Adesso sono su una locomotiva, il macchinista batte il piede ogni trenta secondi per confermare alla centrale di essere vivo. Questi racconti sono i miei segnali di vita. Quando li avrai finiti chiudi il libro, chiudi gli occhi, e sorridi: solo i treni hanno la strada segnata”. Storie raccolte negli angoli delle vie, ai margini della strada maestra e raccontate con leggerezza, in punta di penna.
Il primo libro che ho letto di Gabriele Romagnoli è stato “Solo bagaglio a mano” e tra il primo e quest’ultimo si ravvede la maturità dell’uomo che guida la penna dello scrittore. E’ una metafora del vivere sobri, all’insegna della semplicità, senza caricarsi di pesi e situazioni inutili. Perché come recita un antico detto Buddista, la vita è un ponte e non devi costruirci una casa sopra. Questa è un po’ la filosofia di fondo di Gabriele Romagnoli giornalista, scrittore che con poche immagini riesce a darti una visione d’insieme della vita, del caso, delle situazioni paradossali, dei sentimenti e dei sogni delle persone. Uno scrittore elegante, sottilmente ironico e che sa cogliere sfumature di tristezze e di crude realtà con una delicatezza rara.Piccole perle da leggere in qualsiasi momento, ma che vi faranno riflettere per tutta la giornata.
Consiglio di mettere in valigia il libro di Gabriele Romagnoli e leggerlo adagiati mollemente su un lettino a bordo piscina, in una location meravigliosa.Sarà una buona compagnia.

Dai racconti di “Solo i treni hanno la strada segnata” vi propongo: Liquidazione
Era molto più giovane allora. Uno di quegli uomini con un lavoro che non li soddisfa e l’incapacità di dire la cosa giusta al momento giusto. Un giorno il suo presidente , che era arrogante e non salutava mai i dipendenti, lo convocò al temine dell’orario di lavoro. Lo accusò di una scorrettezza che non aveva commesso e gli chiese le dimissioni. Non avrebbe potuto licenziarlo, per questo suggerì che fosse lui a farsi da parte. Detestava quel posto. Firmò la lettera di recesso. Pretese soltanto la liquidazione immediata. Fu accontentato. Prese l’assegno , avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma non trovò le parole. Torno a casa. Parcheggiando, vide sua moglie in strada. Scese e la raggiunse. La prese per mano e la portò dal gioielliere. “Scegli” disse. Lei lo guardò stupita, ma neppure troppo. Indicò un paio di orecchini con una pietra del suo colore preferito. All’assegno della liquidazione lui aggiunse due banconote. Lei tenne gli orecchini addosso. Di nuovo in strada lo baciò e gli chiese “Perché”. Lui rispose “Perché sono appena stato licenziato e questi erano gli ultimi soldi che ci restavano”. Sapeva di essere a un bivio: un attimo dopo sarebbe stato distrutto o reso invulnerabile, tutto il futuro passava di lì, cinque, venti, se avesse campato a lungo anche quarant’anni più tardi lo specchietto retrovisore avrebbe riflettuto quel momento. Lei lo guardò con un’intenzione memorabile. Non disse nulla, gli accarezzò le labbra. Tornarono a casa. Nei successivi vent’anni ha fatto e disfatto un patrimonio, è sopravvissuto a chi lo licenziò e molti lo invidiano per la prontezza delle sue repliche. Niente è mai più stato come allora. Non è che in quel momento avesse accanto la donna perfetta. Era perfetto Lui: un uomo capace di perdere quel che ha e avere quel che vuole.

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