Le case della vita: Via dell’Orticello- Il Club

Maria Letizia Casciani

IL “CLUB”
Agli inizi degli anni Settanta era sorto in paese un Circolo Culturale, che tutti chiamavano “Il Club”.
Era un nuovo punto di aggregazione giovanile fortemente voluto, sostenuto e finanziato da un potentissimo uomo politico del partito di maggioranza, la DC.
Il responsabile del Club aveva passato molti anni in sanatorio con quest’uomo politico e ne era nata un’amicizia inossidabile. Bastava che lui chiedesse e da Roma arrivavano quasi subito finanziamenti e mezzi.
Questo Circolo era in diretta competizione con la locale sezione del PCI, che attirava ugualmente molti giovani, ma che aveva, com’è ovvio, obiettivi e metodi diversi.
La cosa che forse sfuggiva ai più (tanto era macroscopica) era il fatto che in questo modo, pur essendo i due circoli uguali e contrari da un punto di vista ideologico, essi tenevano lontani dalla strada e da cattive amicizie un mucchio di giovani.
Facevano sperimentare loro cose nuove, facevano conoscere punti di vista sui quali, con ogni probabilità quei ragazzi non si sarebbero mai soffermati, spinti da altre necessità della vita.
Erano dei punti di aggregazione giovanile, ma al loro interno non vigeva certo l’anarchia: il controllo era ferreo, c’era sempre un adulto che osservava, controllava e correggeva i comportamenti di noi ragazzi.
Il Circolo Culturale, di impronta democristiana, poteva contare su un buon flusso di denaro, cosa che consentiva ai dirigenti di organizzare moltissime attività, tutte interessanti e, di sicuro, nuove e impensabili per tutti noi. C’era in paese, in quegli anni, una popolazione giovanile assai corposa, tutta da formare, da indirizzare in qualche modo.
Nel 1975 non mi occupavo quasi di politica, ma di sicuro simpatizzavo per la destra.
La mia vice-mamma, Lola, proveniva da una ricca famiglia di possidenti terrieri, tutti decisamente conservatori, nostalgici del Duce. Essendo cresciuta con lei, mi sembrava naturale difendere certi principi, certi ideali.
La sentivo dire spesso: “I comunisti ci vogliono portare via tutto!” Ed io guardavo con sospetto verso quelli che volevano insidiare la tranquillità dell’esistenza della mia vice-mamma.
L’incontro e la frequentazione con il professor Manacorda – esponente di spicco del PCI – la lettura dei libri sulla Resistenza, che lui portava così spesso in casa dei miei genitori, avevano creato delle crepe nel mio piccolo edificio ideologico, ma ancora non avevo riflettuto a fondo su certe tematiche. La politica per il momento non mi interessava e mi tenevo ben strette le mie idee confuse. Non avevo realizzato fino in fondo che il fronte al quale appartenevo – in realtà – non era quello dei signori, ma di tutti gli altri.
Durante la campagna per il referendum sul divorzio, mio padre – militante socialista – si era esposto pubblicamente per il “No”, mentre io ero terrorizzata dagli effetti di quella legge, perché sia mia madre che Lola profetizzavano la rovina che ben presto si sarebbe abbattuta sulla nostra società per colpa del divorzio.
Solo la parola mi faceva tremare!
Guardavo con orrore i ragazzi che avevano una famiglia già divisa: tutto il paese tendeva a discriminare quei paria ed io non ero certo da meno. Ero tutt’altro che progressista, in quella fase della mia vita.
Quel Circolo Culturale, nato da poco in paese, era dunque affine al mio modo di pensare. Cresceva sotto l’egida della DC e questo tranquillizzava mia madre, anche se lei disapprovava tutta quella pericolosa promiscuità tra maschi e femmine.
La DC, però, era cristiana e questo rendeva abbastanza fiduciosa la mamma, cattolica osservantissima.
Mia sorella lo frequentava da tempo ed in quella estate in cui avevo scelto quella clausura volontaria che aveva spaventato tutti, fui quasi costretta a passare lì il mio tempo libero. Stare lì mi avrebbe tenuto fuori di casa e qualsiasi altro rischio sarebbe diventato a quel punto secondario.
In quel nuovo ambiente c’erano ragazzi di ogni età, anche della mia, e tutti si davano da fare per portare avanti una miriade di attività.
Si giocava a pallavolo, a basket, si organizzavano tornei di bocce ed era molto facile fare amicizia con qualcuno. Già nelle prime settimane fui coinvolta all’interno di vari gruppi, cosa che mi consentì non solo di rompere il ghiaccio, ma di creare amicizie che sarebbero poi durate per molti anni.
Questo circolo, che tutti chiamavano “Il Club” aveva due sedi: una estiva – detta “La Villetta” – ed una invernale, situata all’interno di un edifico sulla piazza principale. La prima sede che io conobbi fu quella estiva e si trattò di un ingresso in grande stile.
Proprio quell’estate – infatti – il Club era riuscito ad entrare – tramite i soliti appoggi politici – nel grande giro dei concerti all’aperto.
La sede della Villetta era stata dotata di una grande tribuna per gli spettatori, era stato allestito un bar e cominciarono in questo modo le serate con i Pooh, Raffaella Carrà, Pippo Baudo, Riccardo Cocciante, i Ricchi e Poveri e molti altri.
Fui coinvolta nell’organizzazione e nella gestione del bar ed in questo modo riuscii ad assistere a parecchie manifestazioni senza pagare il biglietto.
Nel giro di poche settimane quella ragazza che, dopo la delusione degli esami, aveva optato per una reclusione volontaria in casa, si trasformò in uno dei componenti di un gruppo molto vasto di persone – le più diverse tra loro – che avevano solo voglia di godersi la vita.
Dentro il Club, poi, non girava droga, non si beveva, non c’erano individui troppo strambi.
Cominciò così una delle fasi più spensierate della mia vita: di mattina si andava tutti insieme a fare il bagno al lago, di pomeriggio, poi, ci si ritrovava alla Villetta. Conobbi un gran numero di ragazze, con le quali mi appartavo molto spesso a chiacchierare.
Ancora una volta si apriva per me un universo totalmente inedito: conobbi in questo modo il mondo della moda, dei fotoromanzi, dei cosmetici, della musica “moderna”, delle tecniche di seduzione dei ragazzi, con i consigli pratici che arrivavano da quelle tra noi più “esperte”.
Sentii parlare per la prima volta in modo concreto di “quelle cose lì”, perifrasi che avevo sentito circolare in casa, senza che nessuno volesse spiegarmi meglio che cosa potesse voler dire.
Alcune di quelle ragazze – più grandi di me – avevano avuto già esperienza di “quelle cose lì” ed io ascoltavo ad occhi sbarrati quei racconti, perché sapevo bene che per loro si sarebbero ben presto aperte le porte dell’Inferno, in quanto Lola mi aveva assicurato che chiunque in un fidanzamento si fosse avventurato oltre il primo bacio, avrebbe commesso un gravissimo peccato mortale, da cui non si poteva tornare indietro.
A quanto sapevo, solo il matrimonio consentiva “quelle cose lì”. L’unica cosa che avevo carpito dalle fugaci allusioni che circolavano in casa mia era che da quella pratica e dalle sue conseguenze avevano origine i bambini. Il resto: nebbia.
Più osservavo e seguivo i racconti delle mie amiche e più avevo l’impressione, quasi la certezza, tuttavia, che la prospettiva dell’Inferno non costituisse per loro un deterrente sufficiente a farle desistere.
Non mi sembravano così spaventate dall’idea della dannazione eterna, anzi! Continuai quindi ad ascoltare i loro racconti e, giorno dopo giorno, molte cose mi furono più chiare di prima. Ero sempre spaventata dalle atroci conseguenze, ma più consapevole del rapporto rischi-benefici, direi.
Anche in quel mio nuovo mondo arrivarono ben presto dei corteggiatori, ma stavolta non ne fui troppo intimidita: imparai a fare amicizia con loro, pur continuando a tenerli a distanza di sicurezza: il mio obiettivo era il Paradiso, mica la Geenna!
Per la prima volta nella mia esistenza, in quell’estate provai un inedito e duraturo senso di felicità nello sperimentare il mondo fuori dalla porta di casa. La mia vita era diventata interessante: avevo conosciuto molta gente simpatica, di lì a poco avrei iniziato il liceo in una città vicina, sarei uscita dal paese ogni giorno per andare a scuola. Cosa avrei potuto desiderare di più?

 

*Maria Letizia Casciani è nata in un paese della Tuscia. Ama molto leggere, in particolare romanzi e saggi. La scrittura è una passione che coltiva nei ritagli di tempo rubati al lavoro. Vive e lavora a Viterbo.

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