L’architetto Alfredo Giacomini: “Valle Faul, l’eterna incompiuta”

di Arnaldo sassi

Alfredo Giacomini

Quale futuro per valle Faul? Bella domanda, soprattutto se si considera che il polmone verde è situato proprio nel cuore di Viterbo e rappresenta un vero e proprio gioiello da esporre sia ai cittadini indigeni che ai turisti. Ma fino a oggi la valle è stata quasi un’eterna incompiuta. A dirlo è Alfredo Giacomini, architetto di Gallese (si è laureato all’università La Sapienza di Roma), 57 anni, che di valle Faul nel tempo ha mostrato interesse in più di un’occasione.

Piccola premessa: qualche domenica fa, proprio nella valle, si è svolta una manifestazione (La città a colori), organizzata dalla Onlus ‘Viterbo con Amore’, che ne ha cambiato completamente l’aspetto e che ha fatto immaginare a più d’uno quale dovrebbe essere la vera vocazione di quel luogo così prezioso.

“Certo – esordisce Giacomini – giacché l’utilizzo che se ne fa adesso è sicuramente provvisorio; è inconcepibile che fuori le mura, a poca distanza, ci sia un parcheggio a pagamento, mentre quello dentro porta Faul è gratis”.

Già, ma le cose provvisorie in Italia, finiscono per diventare definitive… 

“Beh, l’ultimo intervento fatto è stato realizzato col progetto Plus. Sono arrivati ben 13 milioni. Grazie ai quali è stata sistemata la valle e realizzato l’ascensore che porta a piazza San Lorenzo. E’ oggi lo stesso sindaco dell’epoca, Giulio Marini, il primo a dire che l’utilizzo a parcheggio è la destinazione definitiva con il progetto originario”.

Però lo è diventato. Ancora esiste…

“Sì, è vero. Anche se su un’area pavimentata in quel modo si può anche passeggiare. Guardando la valle dall’alto posso dire che forse lo spazio verde è stato un po’ troppo sacrificato rispetto alla viabilità. Poi c’è una vera e propria piaga…”.

Quale?

“La chiesa di Santa Croce, ovvero quel rudere abbandonato da decenni, che sta ancora lì a dirci che dobbiamo fare in fretta se vogliamo che resti in vita”.

Già, una storia molto complicata e mai risolta.

“Sì. E non so dire se e quando si potrà risolvere”.

Mi faccia un po’ di storia.

“La chiesa era di proprietà di una famiglia viterbese, che ad un certo punto voleva anche restaurarla, con un progetto che io conosco molto bene. Ma poi una serie di vicissitudini di carattere familiare lo impedirono. Allora cominciò una trattativa col Comune per arrivare a una permuta. Ma poi non se ne fece più nulla”.

A quel punto, se non erro, fu messa in vendita…

“Si. Ed è stata acquistata da una società, che probabilmente aveva intenzione di recuperarla”.

E poi che è successo?

“E’ successo che questa società nel frattempo ha spostato tutte le sue attenzioni su un importante immobile acquistato a Bolsena. Un investimento molto importante, che evidentemente è stato preferito al restauro della chiesa di Viterbo”.

Insomma, sono decenni che valle di Faul è al centro di vari dibattiti. Ma poi…

“Beh, la valle è stata sempre al centro delle attenzioni dei viterbesi. Cento anni fa fu tombato il fosso Urcionio, che prima era a cielo aperto. Poi furono realizzati il gazometro e il mattatoio. Ma ci sono stati anche altri tentativi, mai realizzati”.

Ad esempio?

“Negli anni ’80 il Comune bandì un concorso al quale parteciparono importanti architetti di livello nazionale. Vinsero in due, a pari merito, ed erano previste volumetrie molto importanti. Ma tutto finì nel nulla. Poi arrivò il progetto Alosa”.

Famoso o famigerato?

“Beh, la società fece capire a chiare note che avrebbe voluto trarre beneficio da questa operazione. Avrebbe realizzato un parcheggio multipiano a uso pubblico, ma anche un serie di altre volumetrie per uffici, negozi e abitazioni. In consiglio comunale la sinistra si oppose in maniera durissima e il sindaco dell’epoca Pio Marcoccia dovette abbandonare la strada intrapresa, con molta amarezza”.

Insomma, il festival delle incompiute…

“In un certo senso sì. Giacché ci fu anche il progetto degli studenti di architettura dell’allora principe Carlo d’Inghilterra. Ma quello fu solo un esercizio di stile, il suo: quello post-moderno”.

Però poi qualcosa è stato fatto. Il vecchio mattatoio, il gazometro…

“Anche in quel caso, per il mattatoio, c’è stato un concorso che non è andato a buon fine, poiché il progetto realizzato non corrisponde a quello del vincitore”.

Risultato?

“Primo: che l’iter progettuale non deriva dal concorso. Secondo: che oggi abbiamo un immobile il quale come spazio espositivo non va bene. E’ dispersivo e disorientante. E’ sicuramente idoneo per eventi didattici e conferenze”.

E l’intervento sul gazometro?

“All’inizio mi sembrava bello. Poi un giorno mi sono avvicinato e ho constatato che ero stato ingannato, poiché il rivestimento non è in pannelli in metallo arrugginito, ma fatto di ‘cartone finto ferro’. Credo sia un peccato mortale, come il gres porcellanato finto legno o gli infissi in alluminio finto legno”.

In occasione della venuta a Viterbo del Papa fu realizzato un palco, che poi è stato smontato…

“Già. Nel progetto Plus erano previste gradinate addossate alla scarpata del Sacrario. Si sarebbe dovuta realizzare un’arena, un teatro naturale all’aperto, da usare soprattutto nel periodo estivo. Poi però non è stato fatto più nulla perché i soldi sono serviti per fare altro”.

In conclusione: quale futuro per valle Faul?

“Non so se abbiamo perso definitivamente la chiesa di Santa Croce. Ma non credo che si debba fare qualcosa di sconvolgente. Perché quello che abbiamo lo è già. Bisogna lavorare sull’esistente. Ad esempio, il Comune dovrebbe cercare di acquisire gli immobili dei privati attualmente inutilizzati; intervenire sull’altra chiesa di Santa Maria Maddalena, che ha stupendi affreschi; riproporre l’arena-teatro; per ultimo, un parcheggio multipiano interrato sotto al parcheggio del Sacrario, rimuovendo lo strato di macerie della seconda guerra mondiale. Ho sentito dire che tecnicamente non si può fare, ma io non vedo impedimenti. Questo sarebbe il vero cambiamento”.

E il parcheggio attuale?

“Farlo diventare un’area tutta pedonale”.

Faul 2

Faul 1

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