La “suave saudade” del Noemi Nori Quartet

di Barbara Aniello *

Noemi Nori

“Suave” non vuol dire solo morbido, levigato, impalpabile. È uno degli intraducibili aggettivi del mondo luso-brasiliano che indica la capacità non comune di affrontare le difficoltà della vita, passandoci attraverso, anzi sfiorandole a passo di danza, quasi animati da una brezza leggera. In realtà non è neanche un aggettivo, è un modo di vivere. Quando atterri a Rio de Janeiro, la musica brasileira ti viene incontro. Tutti per strada canticchiano, fischiettano, improvvisano: il povero sul marciapiede, così come il professore universitario nel taxi. Non importa chi la canta, non importa se chi canta mangerà o no oggi. L’importante è che la musica ci sia e che sia un vero e proprio viatico per attraversare i labirinti del vivere quotidiano. La voce di Noemi Nori colpisce per la sua “soavità”. Eterea e profonda, limpida e ricca, ci ha avvolto e coinvolto ieri sera al Teatro San Leonardo per il secondo appuntamento del JazzUp Festival, dedicato alla musica brasiliana. Con maestria, sicurezza ed espressività Noemi, accompagnata dal suo Noemi Nori Quartet, ha cavalcato i ritmi ipnotici del samba, la spensieratezza della bossa nova, la commozione del choro. La grande musica brasileira, con capolavori come Chega de saudade, Dindi, Samba e amor, si è fusa armonicamente e poeticamente con il repertorio italiano, in brani come Estate, Senza fine, già interpretati dai grandi protagonisti del mondo sudamericano. Ci piace sottolineare la ricercatezza degli arrangiamenti, mai banali, sempre innovativi, che hanno saputo far rivivere la storia della musica del passato con l’energia e il ritmo del presente. Su tutti ha prevalso la chitarra di Massimo Lattanzi che nei duetti con la voce e nelle improvvisazioni da solista ha svelato un talento straordinario nel fraseggio e mostrato grande padronanza e virtuosismo negli abbellimenti. Con il “Brasile che in-canta”, titolo della performance della magica serata, torniamo a casa con le note del bis, Eu sei que vou te amar, composto dai giganti Vinícius de Moraes e Antônio Carlos Jobim e proposto da Noemi anche nella sua versione italiana. È qui che la soavità diviene viscerale, è qui che il dolore universale si fa personale e non possiamo fare a meno di capire che la saudade non è nostalgia per qualcosa accaduto nel passato, ma il rimpianto per ciò che poteva essere e non è stato.

 

*Musicologa, storica dell’arte

 

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