La staffetta partigiana Luciana Romoli incontra i ragazzi del Liceo Artistico Midossi di Vignanello

di Rachele Vessella*

Luciana Romoli

Lo scorso 16 aprile Luciana Romoli, staffetta partigiana, ha incontrato gli studenti del Liceo Artistico U. Midossi di Vignanello. L’evento online, promosso dalla docente di lettere Paola Maruzzi, ha visto il coinvolgimento delle classi del biennio.

Nata nel 1930 da una famiglia antifascista nel quartiere operaio di Casal Bertone, a Roma, nonna Luce (così si fa chiamare in ricordo del suo nome di battaglia) ha raccontato la sua storia di resistenza iniziata proprio sui banchi di scuola, ai tempi dell’emanazione delle leggi razziali in Italia. “Ho cominciato a fare la partigiana a 8 onni quando, insieme alle mie compagne di classe, ci siamo rivoltate contro una maestra che un giorno maltrattò Debora, una bambina ebrea, insultandola e legando le sue trecce al cordone della tenda dell’aula. Debora era la mia compagna di banco e la mia amica del cuore”.

A causa di questo gesto Luciana viene espulsa da scuola. Qualche anno più tardi sceglierà di diventare una staffetta partigiana. “Il mio compito – continua – era di trasportare in biciletta i chiodi a quattro punte fabbricati da un artigiano di Trastevere e che servivano per sabotare i mezzi tedeschi, durante i mesi di occupazione nazista, all’indomani dell’8 settembre del 1943. Era un compito molto pericoloso, si rischiava la vita ad ogni viaggio tanto che mio padre mi aveva dato una pasticca di cianuro da tenere sempre con me: se fossi stata catturata dai tedeschi, avrei scelto il suicidio anziché sottopormi a torture e violenze”.

Con grande emozione, nonna Luce ha ricordato l’episodio in cui scampò miracolosamente a un posto di blocco, vicino al cimitero di Casal Bertone: “I tedeschi fermarono prima mia sorella maggiore Adriana, anche lei staffetta, chiedendole cosa ci fosse nella sua borsa. Lei rispose in modo tranquillo e scherzoso dicendo che trasportava delle bombe a mano. I tedeschi la lasciarono passare, ignari che in quella borsa ci fossero effettivamente delle bombe a mano. Per lo spavento non avevo più le forze per pedalare”.

Durante l’incontro i ragazzi hanno incalzato nonna Luce con tante domande, chiedendo dettagli e curiosità sul clima che si respirava in quegli anni di guerra nella Capitale. “Ricordo la grande solidarietà tra le persone comuni: mezza Roma aveva scelto la resistenza armata, l’altra metà aiutava i combattenti. Eravamo più che pronti a liberare la città con le nostre forze, senza aspettare l’arrivo degli alleati”.

Nonna Luce ha salutato i ragazzi spiegando che non ha mai smesso di essere una partigiana: “Il mio compito oggi è di testimoniare ciò che è accaduto, parlare con ragazzi come voi, far sì che il passato non venga dimenticato perché solo così possiamo costruire il futuro e non ripetere gli errori della storia. Vi considero tutti i miei nipoti, gli eredi di una memoria collettiva che non va cancellata”.

 

*Studentessa del Liceo Artistico Midossi di Vignanello, classe 1A

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