La Faggeta di Monte Raschio a Oriolo Romano, risalente al Quaternario

La Faggeta di Oriolo, con un’estensione di circa 74 ha, è una delle “bellezze verdi” più straordinarie del territorio della Tuscia e non solo. Speciali condizioni microclimatiche l’hanno fatta sorgere laddove non avrebbe mai potuto: viene definita “depressa” perché sorge a circa 450-500 metri slm, quando generalmente queste piante trovano il loro habitat ideale al doppio dell’altitudine (fra i 700 e i 900 metri slm). Una vera rarità! E tra i faggi vi si trovano anche pini, castagni e molti tipi di funghi, e una varietà di flora e di fauna molteplici.
Questa foresta mesofila è un’area protetta sita all’interno del Parco naturale regionale di Bracciano-Martignano. Dal 2017 inoltre è stata riconosciuta quale Patrimonio naturale dell’umanità. Riunito a Cracovia, il World Heritage Committee l’ha inserita nella Unesco’s World Heritage List includendola tra le Foreste primordiali dei faggi dei Carpazi e di altre regioni d’Europa.
È dunque confermata la sua valenza quale patrimonio naturale sia a livello europeo che mondiale, mentre già in precedenza era avvenuta l’attestazione in ambito nazionale. Era il dicembre del 2016, infatti, quando il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare l’avevano inserita tra le Zone Speciali di Conservazione (ZSC).
L’anno prima, il 2 febbraio 2015, era stata inclusa nella tentative list per la candidatura tra i siti Patrimonio Mondiale Naturale dell’Umanità, con la seguente motivazione, in quanto: “un esempio eccezionale di significativo corso dei processi ecologici e biologici nell’evoluzione e lo sviluppo degli ecosistemi terrestri, di acqua dolce, costieri e marini e le comunità di piante e animali marini”.
La faggeta di Oriolo costituisce inoltre una vera testimonianza storica dell’uso del suolo e delle sue risorse: al suo interno si trovano ben sette bottini per rifornire l’acquedotto Traiano-Paolo. La copiosa disponibilità di acqua, scoperta sin dall’epoca romana e che ha contribuito all’infrastrutturazione idrica della capitale dell’Impero, ha certamente avuto un ruolo nel creare quell’habitat così peculiare che la connota da sempre.
Infine, tra i tanti faggi secolari presenti, uno in particolare merita una menzione: il “Faggio del piccione”, chiamato così perché venne utilizzato dalla famiglia dei principi Altieri come albero di richiamo per attrarre i piccioni: una sorta di reperto storico.
Natura e storia si fondono dunque nella faggeta di Monte Raschio, dimostrando che anche i boschi sono beni culturali: non solo naturali, ma testimonianza di civiltà. Da tutelare, custodire e conservare nella loro integrità e specificità.
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