Il Tumulo etrusco di Poggio Gallinaro a Tarquinia

Francesca Pontani

E chi voglia vedere il paesaggio Cornetano in quanto ha di più vario, profondo, meditativo deve guardalo da questo ritiro elevato. Meraviglioso è l’accordo tra ciò che sappiamo de La Civita e le impressioni che ci destano le sue reliquie. La Civita è un mistero naturale e paesistico, una grossa macchinazione della fantasia religiosa degli Etruschi”  (Vincenzo Cardarelli, Villa Tarantola, 1948)

 

Un tumulo etrusco di età Orientalizzante

Il Tumulo etrusco di Poggio Gallinaro è un tumulo etrusco di età Orientalizzante (VII secolo a.C.) e secondo studi recenti il titolare sarebbe stato colui che rese monumentale, dal punto di vista urbanistico e simbolico, La Civita, l’antica città etrusca di Tarquinia. La città sacra per eccellenza per il popolo Etrusco perché fu proprio presso La Civita che, da una zolla di terra, balzò fuori Tagete: il giovane-vecchio (giovane nell’aspetto ma dai capelli bianchi e dotato di una saggezza pari solo ad un uomo anziano) che dettò a Tarchon, lì presente (e sbalordito!), i precetti dell’Etrusca disciplina.

 

Esattamente di fronte “La Civita”

Monumentalità della tomba ma anche oggetti del corredo ci raccontano di questo importante esponente dell’etrusca Tarquinia: plettri in avorio, statuine d’impasto raffiguranti le “piangenti” e due modelli miniaturistici di ascia bipenne in bucchero documentano infatti un rito funerario legato alla particolare rilevanza sociale del defunto.

Inoltre il tumulo monumentale svetta su un’altura posta esattamente di fronte La Civita: a indicare simbolicamente il dominio della zona da parte di una famiglia gentilizia, fortemente legata alla città.

Secondo una recente ipotesi il defunto qui seppellito potrebbe essere stato proprio lui il promotore dell’area sacra monumentale situata al centro del Pian di Civita, quell’area indagata da anni attraverso gli scavi archeologici dell’Università di Milano.

Quindi sarebbe stato il titolare di Poggio Gallinaro colui che ordinò il seppellimento del deposito votivo principesco costituito dai simboli di potere etruschi: l’ascia, lo scudo e il lituo in bronzo (conservati al Museo etrusca nazionale di Tarquinia).

Un gesto simbolicamente estremamente potente, di presenza fisica, su quel luogo sacro per eccellenza nella storia del popolo etrusco.

 

Un’unica camera

La sepoltura di Poggio Gallinaro presenta un’unica camera, accessibile attraverso un ampio vestibolo, con scalinata che scende verso il basso. La cella funeraria è stata completamente costruita all’interno del banco roccioso di arenaria appositamente scavato. Le pareti sono costituite da blocchi squadrati in calcare, messi in opera senza malta.

 

COME ARRIVARE

Dal parcheggio per la zona archeologica dell’Ara della Regina, a Tarquinia, superare la zona parcheggio, continuando sulla strada bianca per circa 1 km dal bivio; poi sulla sinistra (nei pressi di un casale abbandonato) una stradina; lasciare qui la macchina e proseguire a piedi lungo l’incantevole sentiero, tra le valli, che porta dopo meno di un chilometro alla sommità di Poggio Gallinaro.

 

Racconto e visita virtuale

Per guardare il video clicca QUI 

 

Per approfondire

Maria Bonghi Jovino, Il tumulo di Poggio Gallinaro a Tarquinia. Uno sguardo alle “piangenti”

Alessandra Sileoni, Intervento di recupero del tumulo di Poggio Gallinaro http://www.archeoares.it/prodotto/stas-bollettino-20132014/

 

Fonte testo
VIA DEI PRINCIPI – Grandi Tumuli della Necropoli etrusca di Tarquinia

 

 

Francesca Pontani – www.francescapontani.it – Archeologa del comitato scientifico del Museo Archeologico delle Necropoli Rupestri di Barbarano Romano. Egittologa, conoscitrice di lingue antiche come i geroglifici, la lingua sumerica e accadica, la lingua etrusca, lavora nel mondo del web. Nel blog e sul canale YouTube ArcheoTime sono visibili le sue camminate archeologiche on the road. Innamorata della comunicazione e della scrittura, guiderà i lettori di TusciaUP nella conoscenza del nostro territorio attraverso Tour di Archeologia in Tuscia.

Il 26 aprile, prossimo articolo, andremo a Viterbo.

 

 

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