Il nuovo rettore Ubertini:Unitus è una università solida, può attrarre studenti da tutto il mondo dove siamo un’eccellenza

di Luciano Costantini

Un sorriso amabile in un viso da bambino. Quarantacinque anni ben portati. Una vita da pendolare. Una moglie e tre figli. Perugino anche se non precisamente doc: “I miei nonni e i miei genitori erano viterbesi, anzi etruschi”, puntualizza. Identikit per grandi linee di Stefano Ubertini, rettore di fresca elezione all’Università della Tuscia. Numeri quasi bulgari. Si aspettava un risultato tanto clamoroso? “Sì, perché nel corso della campagna elettorale avevo scelto di parlare con tutti, di ascoltare le esigenze di tutti. E poi la mia candidatura era il risultato di un percorso condiviso nel corso degli anni con tanti colleghi e membri del personale”. Ha avuto tentennamenti nell’accettare? “Sì, oltre tutto era una nomina che non mi aspettavo. Capirà, ero il più giovane del gruppo. Comunque sono rimasto sorpreso e lusingato allo stesso tempo. Ne ho parlato in famiglia. Mia moglie inizialmente era preoccupata quanto me. Ricordo che in tempi non sospetti spesso dicevo ad Alessandro (Ruggieri, il rettore uscente; n.d.r): ma chi te lo ha fatto fare?”. Della serie: mai dire mai. “Infatti. Appena il tempo di riflettere, poi mi sono risposto: è una cosa che puoi e che devi fare”. Suo fratello è rettore dell’università di Bologna, non è che sia stata una sorta di sollecitazione subliminale? “Lui indubbiamente mi ha spinto, però quando dei colleghi ti vengono a ripetere: tu sei la persona giusta. Be’ non puoi dire e non vuoi dire di no”. Lei ha famiglia a Perugia, continuerà a fare il pendolare? “Prenderò un appartamento a Viterbo anche se percorrere Perugia-Viterbo tutti i giorni non mi pesa più di tanto. Ho fatto il pendolare tutta la vita: dottorato a Perugia, ricercatore precario e poi assunto a Roma, e quando vivevo nella Capitale con la famiglia vinsi il concorso a Napoli. E ho fatto perfino il pendolare Napoli-Perugia per un paio di anni”. Immaginiamo che la prima notte da rettore sia stata un po’ agitata. Ha pensato alla prima cosa da fare il giorno dopo dell’insediamento, il prossimo 5 novembre? “Ho dormito benissimo la sera prima del voto e malissimo la sera dopo. La prima cosa a cui ho pensato e penserò è il benessere delle persone. Cioè fare in modo che tutti coloro che in Unitus lavorano si trovino a loro agio. Le norme, il carico burocratico, ci hanno travolto e il personale fa fatica a tenersi aggiornato e l’impegno diventa frustrante. Voglio comunque sottolineare che la squadra è validissima”. Pensa a una minirivoluzione? “No anche se è ovvio che quando arriva un nuovo rettore arriva anche una nuova squadra di governo. Parlo di professori che assumeranno delle deleghe in settori strategici dell’università. Sicuramente andrà migliorata l’efficienza amministrativa cominciando dal basso. Per questo serviranno anni e pazienza”. Senta, oggi si parla tanto di integrazione, lei che senso dà a questo termine? “Intanto l’elezione è stata molto partecipata nel territorio e in maniera corretta. Il processo di integrazione ateneo-città io lo vedo sia a livello istituzionale che sociale. Probabilmente dobbiamo migliorare il livello di percezione che la popolazione ha della qualità del nostro ateneo. Ed è un processo che richiede tanto tempo e visione a lungo termine. Il nostro ha 40 anni e dunque è giovane. Attenzione, la comunicazione pubblicitaria è importantissima, ma non sarà essa a migliorare l’integrazione con il territorio che invece funzionerà al meglio quando i nostri ricercatori, i nostri professori, i nostri diventeranno cittadini di Viterbo. Attualmente per andare in pensione servono 40 anni e oggi assistiamo alla fine del primo ciclo dell’università della Tuscia. Con il rettore Ubertini scatta il secondo ciclo”. I rischi per questa università, se ci sono rischi? “Sono quelli che corre tutto il sistema universitario anche se è sano. Certo la politica deve rendersi conto che abbiamo bisogno di più finanziamenti. In Europa siamo il penultimo Paese meno finanziato rispetto al Pil. Basta invece con le riforme. Un sorriso amabile in un viso da bambino. Quarantacinque anni ben portati. Una vita da pendolare. Una moglie e tre figli. Perugino anche se non precisamente doc: “I miei nonni e i miei genitori erano viterbesi, anzi etruschi”, puntualizza. Identikit per grandi linee di Stefano Ubertini, rettore di fresca elezione all’Università della Tuscia. Numeri quasi bulgari. Si aspettava un risultato tanto clamoroso? “Sì, perché nel corso della campagna elettorale avevo scelto di parlare con tutti, di ascoltare le esigenze di tutti. E poi la mia candidatura era il risultato di un percorso condiviso nel corso degli anni con tanti colleghi e membri del personale”. Ha avuto tentennamenti nell’accettare? “Sì, oltre tutto era una nomina che non mi aspettavo. Capirà, ero il più giovane del gruppo. Comunque sono rimasto sorpreso e lusingato allo stesso tempo. Ne ho parlato in famiglia. Mia moglie inizialmente era preoccupata quanto me. Ricordo che in tempi non sospetti spesso dicevo ad Alessandro (Ruggieri, il rettore uscente; n.d.r): ma chi te lo ha fatto fare?”. Della serie: mai dire mai. “Infatti. Appena il tempo di riflettere, poi mi sono risposto: è una cosa che puoi e che devi fare”. Suo fratello è rettore dell’università di Bologna, non è che sia stata una sorta di sollecitazione subliminale? “Lui indubbiamente mi ha spinto, però quando dei colleghi ti vengono a ripetere: tu sei la persona giusta. Be’ non puoi dire e non vuoi dire di no>. Lei ha famiglia a Perugia, continuerà a fare il pendolare? “Prenderò un appartamento a Viterbo anche se percorrere Perugia-Viterbo tutti i giorni non mi pesa più di tanto. Ho fatto il pendolare tutta la vita: dottorato a Perugia, ricercatore precario e poi assunto a Roma, e quando vivevo nella Capitale con la famiglia vinsi il concorso a Napoli. E ho fatto perfino il pendolare Napoli-Perugia per un paio di anni”. Immaginiamo che la prima notte da rettore sia stata un po’ agitata. Ha pensato alla prima cosa da fare il giorno dopo dell’insediamento, il prossimo 5 novembre? “Ho dormito benissimo la sera prima del voto e malissimo la sera dopo. La prima cosa a cui ho pensato e penserò è il benessere delle persone. Cioè fare in modo che tutti coloro che in Unitus lavorano si trovino a loro agio. Le norme, il carico burocratico, ci hanno travolto e il personale fa fatica a tenersi aggiornato e l’impegno diventa frustrante. Voglio comunque sottolineare che la squadra è validissima”. Pensa a una minirivoluzione? “No anche se è ovvio che quando arriva un nuovo rettore arriva anche una nuova squadra di governo. Parlo di professori che assumeranno delle deleghe in settori strategici dell’università. Sicuramente andrà migliorata l’efficienza amministrativa cominciando dal basso. Per questo serviranno anni e pazienza”. Senta, oggi si parla tanto di integrazione, lei che senso dà a questo termine? “Intanto l’elezione è stata molto partecipata nel territorio e in maniera corretta. Il processo di integrazione ateneo-città io lo vedo sia a livello istituzionale che sociale. Probabilmente dobbiamo migliorare il livello di percezione che la popolazione ha della qualità del nostro ateneo. Ed è un processo che richiede tanto tempo e visione a lungo termine. Il nostro ha 40 anni e dunque è giovane. Attenzione, la comunicazione pubblicitaria è importantissima, ma non sarà essa a migliorare l’integrazione con il territorio che invece funzionerà al meglio quando i nostri ricercatori, i nostri professori, i nostri diventeranno cittadini di Viterbo. Attualmente per andare in pensione servono 40 anni e oggi assistiamo alla fine del primo ciclo dell’università della Tuscia. Con il rettore Ubertini scatta il secondo ciclo”. I rischi per questa università, se ci sono rischi? “Sono quelli che corre tutto il sistema universitario anche se è sano. Certo la politica deve rendersi conto che abbiamo bisogno di più finanziamenti. In Europa siamo il penultimo Paese meno finanziato rispetto al Pil. Basta invece con le riforme. Unitus è una università solida, può attrarre studenti da tutto il mondo e nel mondo siamo un’eccellenza”.

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