Il bucchero degli Etruschi

di Francesca Pontani*

Viaggiando e scoprendo la Tuscia di Viterbo molto spesso nelle vetrine dei suoi musei archeologici possiamo vedere una classe ceramica tipica del mondo etrusco: il bucchero.

 

Una parola spagnola: bucaro

Il termine bucchero deriva dalla  parola spagnola bucaro, con la quale si indicavano i vasi confezionati con terra odorosa e colorata di nero provenienti dall’America meridionale nel XVII secolo, più o meno contemporaneamente alla scoperta dei primi esempi della caratteristica ceramica nera degli etruschi.

 

Questo particolare prodotto ceramico può essere ritenuto come un’evoluzione della ceramica d’impasto nero lucidata a stecca, di tradizione protostorica, dalla quale si distingue per i processi di depurazione dell’argilla, per l’accuratezza della lavorazione e per la tipologia delle forme.

 

Colore: nero

Si presenta di colore nero, in superficie come in frattura, e si ottiene tramite la cottura ad almeno 700-800 gradi, processo che trasforma l’ossido ferrico dell’argilla in ossido ferroso. Questo procedimento poteva avvenire anche aggiungendo ulteriore materiale organico, qualora fosse stato assente nella composizione dell’argilla. Alcuni esemplari hanno attestato anche la presenza di variazioni nella lavorazione, quali l’argentatura dopo la cottura o l’aggiunta di decorazioni dipinte di colore rosso e azzurro.

 

Variazioni nel corso del tempo

I processi di lavorazione del bucchero subiscono delle variazioni nel corso del tempo, dando vita produzioni vascolari caratterizzate da pareti sottili (il cosiddetto bucchero sottile), poi dal graduale ispessimento delle stesse, decorate da un repertorio figurativo di ascendenza orientalizzante eseguito in cilindretto (il cosiddetto bucchero di transizione), poi dalla standardizzazione di alcune classi vascolari (il cosiddetto bucchero normale) e infine dall’ispessimento delle pareti che vengono arricchite da decorazioni plastiche sia a rilievo che a tutto tondo (il cosiddetto bucchero pesante).

 

Lo scadimento della tecnica, fissato tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C., si manifesta con produzioni in bucchero meno depurato e resistente, dal colore grigiastro chiaro.

 

Partendo da Cerveteri

La produzione dei vasi in bucchero, partendo da Cerveteri, si estende ben prima della metà del VII secolo a.C. ad altri centri dell’Etruria meridionale (Vulci, Tarquinia, Veio), fino a raggiungere l’Etruria settentrionale.

Tra la fine del VII secolo a.C. e la prima metà del VI secolo a.C. le suppellettili in bucchero, oltre ad essere prodotte in quantità massicce da atelier locali distribuiti tra l’Etruria, il Lazio e la Campania, vengono commercializzate per il tramite di Vulci e Cerveteri in tutto il bacino del Mediterraneo, soprattutto verso il settore occidentale

 

Foto: Francesca Pontani, Museo Nazionale Archeologico di Vulci al Castello dalla Badia

 

Nel prossimo articolo, il 30 settembre, andremo a Tuscania.

*Francesca Pontani – www.francescapontani.it – Archeologa del comitato scientifico del Museo Archeologico delle Necropoli Rupestri di Barbarano Romano. Egittologa, conoscitrice di lingue antiche come i geroglifici, la lingua sumerica e accadica, la lingua etrusca, lavora nel mondo del web. Nel blog e sul canale YouTube ArcheoTime sono visibili le sue camminate archeologiche on the road. Innamorata della comunicazione e della scrittura, guida i lettori di TusciaUP nella conoscenza del nostro territorio attraverso Tour di Archeologia in Tuscia.

COMMENTA SU FACEBOOK

CONDIVIDI