Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG): “Ora è possibile una migliore tutela della Tuscia, no alla speculazione energetica”

no alla speculazione energetica

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) esprime la propria forte soddisfazione per l’obiettivo raggiunto dalla Soprintendenza per Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale dell’ampliamento dell’area sottoposta a vincolo paesaggistico nella Tuscia con specifico provvedimento di individuazione (artt. 136 e ss. del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.).

Con il D.M. 20 agosto 2019 circa 1.600 ettari di paesaggio ricchi di testimonianze storiche e archeologiche dell’agro di Viterbo, dalle dantesche sorgenti termali del Bulicame fino alle Masse di San Sisto, ora hanno uno strumento di tutela in più.

Il GrIG ha sostenuto e sostiene qualsiasi iniziativa istituzionale che possa portare a una migliore tutela di un paesaggio storico-culturale di eccezionale valore, quale quello della Tuscia.

La sentenza T.A.R. Lazio, RM, Sez. IIQ, 20 gennaio 2023, n. 1066 ha, infatti, respinto il ricorso dell’A.N.C.E. locale dichiarandolo inammissibile per difetto di legittimazione attiva e, conseguentemente, confermando la legittimità del provvedimento di tutela ambientale e paesaggistica.

Tale provvedimento – ha incontrato anche la non sorprendente opposizione della Regione Lazio – riveste importanza fondamentale per cercare di governare con efficace salvaguardia dei valori ambientali/paesaggistici del territorio l’immane marèa di progetti di pura speculazione energetica che incombono e in parte sono già stati realizzati.

L’esempio dato dall’autentico Far West della speculazione energetica nella Tuscia rende palese la necessità di un efficace esercizio delle competenze statali e regionali di tutela del paesaggio, che significa anche tutela dell’identità storico-culturale e dell’attrattiva turistica dei territori.

Nella Tuscia, secondo dati non aggiornati, siamo di fronte ad almeno ben 51 progetti di campi fotovoltaici presentati, in parte approvati e solo in minima parte respinti, ormai svariate decine i progetti di centrali eoliche presentati o già in esecuzione: complessivamente circa 7 mila ettari fra aree occupate da impianti realizzati negli ultimi vent’anni, impianti in corso di realizzazione e impianti in corso di istruttoria.

Terreni talvolta affittati, altre volte espropriati per due soldi, talvolta nei demani civici.

Centinaia e centinaia di ettari di terreni agricoli e boscati stravolti dalla speculazione energetica, senza che vi sia alcuna assicurazione sulla chiusura di almeno una centrale elettrica alimentata da fonti fossili.

La realizzazione di questi progetti energetici snaturerebbe radicalmente alcuni dei più pregiati paesaggi agrari della Tuscia con pesanti impatti sull’ambiente e sui contesti economico-sociali locali. Stupisce, infatti, l’assenza di alcuna seria e adeguata analisi preventiva sugli impatti negativi anche sul piano economico-sociale di decine di migliaia di ettari di paesaggio storico della Tuscia sulle attività turistiche.

La Provincia di Viterbo negli ultimi anni è sempre stata ai non invidiabili vertici nazionali per il consumo del suolo per abitante (rapporto ISPRA sul consumo del suolo 2019), 1,91 metri quadri per residente rispetto alla media regionale di 0,47 e nazionale di 0,80.

Consumo del suolo che va in direzione opposta agli obiettivi tanto decantati della transizione ecologica.

Evidentemente poco importa il consumo del suolo, in fondo sono solo pascoli, terreni agricoli, roba così.

Il GrIG, insieme ad altre realtà ambientaliste e culturali, si oppone da anni alla speculazione energetica nella Tuscia (e non solo) con azioni legali e di sensibilizzazione.

Gli impianti produttivi di energia da fonte rinnovabile andrebbero ubicati in aree già degradate, in zone industriali, nonché con l’utilizzo dei tetti e coperture di edifici già esistenti.

Stop alla speculazione energetica, stop alla sottrazione delle terre collettive!

  1. Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

Stefano Deliperi

Ulteriori informazioni su http://gruppodinterventogiuridicoweb.com

 

Luca Bellincioni: “Ottimo intervento del Grig”
Purtroppo anche a livello giuridico, quando i vincoli vanno a contrastare gli interessi degli speculatori energetici essi vengono normalmente respinti. In confronto a questa nuova immane speculazione, quella dei palazzinari dei decenni passati fa quasi tenerezza. I baroni dell’energia non incontrano più ostacolo alcuno, soprattutto in certe realtà territoriali e politiche, come il Lazio della lunga e drammatica “era PD”.
Nel caso del vincolo all’area termale infatti, i progetti che vi incombevano erano di tipo prettamente edilizio e non energetico.
Servono urgentemente i parchi agricoli e una legge sugli arativi. Inoltre, come ben detto nell’articolo (e come da me proposto in alcune mie osservazioni ad un progetto eolico), sarebbe doveroso uno studio particolareggiato della Regione Lazio sull’impatto ambientale, paesaggistico e socio-economico degli impianti già realizzati e  in aggiunta ad esso un altro di previsione dell’impatto del cumulo fra quelli e i progetti già autorizzati e non ancora realizzati e gli autorizzandi. In assenza di un documento simile non è giustificabile alcuna autorizzazione o messa in opera di ulteriori impianti, avendo la provincia di Viterbo già ampiamente superato gli obiettivi da FER dell’UE (concetto di burden sharing decretato da un dm del 2010), essendo un territorio criticamente provato dal consumo di suolo come da rapporti Ispra da alcuni anni ormai, vista la mancanza di una mappatura di zone idonee e non idonee e infine essendo in vigore la Convenzione internazionale di Aarhus che determina la corretta informazione della popolazione allorquando si pianificano interventi tali da avere un impatto su aree così vaste. Occorrerebbe anche un incontro diretto con gli uffici della Regione Lazio per richiedere i suddetti obiettivi, che finora è mancato. Mentre gli speculatori, viceversa, frequentano spesso certi ambienti, proponendo anche corsi e convegni agli amministratori in cui si fa l’apologia dell’autorizzazione senza se e senza ma…
Dunque occorre ricreare un contatto diretto con le istituzioni. A quel punto, se nonostante le nostre ragioni gli uffici non ritenessero di darci ascolto, secondo me la Regione Lazio potrebbe/dovrebbe essere formalmente diffidata dall’autorizzare ulteriori progetti. Il caso-Lazio è un’anomalia che deve essere risolta in qualche modo. (L.B.)
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