Giovanni Marinetti: Viterbo nel cuore

di Arnaldo Sassi

Giovanni Marinetti

Viterbo nel cuore. Con una vita cominciata al quartiere Pilastro – dove è nato – e dedicata interamente alla sua città. Come dipendente comunale (per 40 anni si è occupato di lavori pubblici), come Facchino della Macchina di Santa Rosa e come plenipotenziario (in realtà gestisce il bar all’interno del parco insieme alla moglie) di Prato Giardino.

Lui è Giovanni Marinetti, 64 anni, tifosissimo della Juventus, ma soprattutto amante della città dove ha sempre vissuto. “Sì – esordisce – perché Viterbo è una città favolosa, che ti rimane dentro. Dove si vive bene, anche se ultimamente un po’ meno. Una cosa mi fa piangere il cuore: tutte le amministrazioni che si sono succedute nel tempo hanno sempre pensato alle grandi opere, mentre con quelle piccole si potrebbe rendere la città più vivibile”.

Cioè?

“Per esempio avere più attenzione per i quartieri, che sono il cuore pulsante della città. Io ho sempre vissuto al Pilastro. E’ un paese dove tutti si conoscono, quasi una famiglia. Curare i quartieri è una grande missione”.

Lavorare in Comune ti ha fatto amare di più la città?

“Certo. Per 43 anni sono stato ai lavori pubblici. Mi occupavo di manutenzione, soprattutto di fognature, che rappresentano la storia della città. Pensa che ancora oggi qualcuno mi chiama perché magari deve fare un intervento e non esistono piantine delle fogne. Allora chiedono a me”.

Un episodio che non hai dimenticato?

“Quando tanti anni fa, insieme al commendator Ciorba, andammo sotto il fosso Urcionio tombato per un sopralluogo. Scoprimmo delle sedute fatte col tufo o col peperino e, dipinta sul muro, una croce rossa in campo bianco. Probabilmente era stata fatta durante la guerra e rappresentava il posto dove c’era un pronto soccorso per curare i feriti dalle bombe. Girammo anche un filmato che ancora dovrebbe essere conservato in Comune”.

Tu sei stato anche Facchino di Santa Rosa. Come cominciò la cosa?

“Cominciò che avevo solo 17 anni e mio padre dovette firmare il permesso per farmi portare la Macchina. Io abitavo vicino a Peppe Zucchi e quelli erano gli anni del Volo d’Angeli. Lui ogni volta che mi incontrava me lo ripeteva sempre. Poi un giorno ci incontrammo a lavorare in una palazzina al quartiere della Pila. Io facevo l’idraulico e lui il capo operaio del gas. Mi invitò alla chiesa della Pace, dove si facevano le prove, e io decisi di andarci”.

E poi?

“Poi saltò fuori una scommessa. Io avrei dovuto fare con la cassetta un giro in più rispetto a un Facchino esperto. Quelli obbligatori erano tre, ma quello ne fece undici. Io volevo rinunciare, ma quasi mi costrinsero a provare. Allora mi caricai la cassetta sulle spalle e di giri ne feci dodici. Uno in più, appunto”.

Perfetto. E allora subito sotto…

“Sì, nel 1976. Fui messo alle leve. Ma dall’anno successivo cambiai posto: alle stanghette anteriori. E da lì non mi sono più mosso. Avevo sempre Nello Celestini davanti al mio volto. Erano anche gli anni in cui fu costituito il Sodalizio e io entrai a far parte del consiglio direttivo”.

 Quanto è durata l’avventura?

“Ho smesso con Armonia Celeste, la Macchina di Joppolo e Sensi”.

Qualche ricordo?

“Beh, due soprattutto. L’anno del Trasporto straordinario con Papa Giovanni Paolo II, che fu spettacolare, nonostante l’acquazzone che era venuto giù. Conservo ancora la foto in cui Sua Santità mi stringe la mano. E quello del 1986, quando la Macchina rischiò di cadere sulla salita di Santa Rosa”.

Che successe in quell’occasione?

“Intanto pesava troppo. Si accertò in seguito che arrivava quasi a 60 quintali. Poi, secondo me, furono commessi degli errori: le leve furono tolte troppo presto e le corde strinsero troppo la curva. Io rimasi in ginocchio. A salvarci furono i cannocchiali (dei piedi di sicurezza montati sotto la base, ndr) e… Santa Rosa”.

E adesso parliamo di Prato Giardino…

“Sì, il bar l’ha acquistato mia moglie nel 1989. Sono 34 anni che siamo qui, direi con soddisfazione e non abbiamo mai chiuso, neanche per un giorno. Qui ho conosciuto tanta gente: bambini che sono diventati adulti e che continuano a portare i loro figli e anche i loro nipoti. Poi è arrivato anche il parco giochi e oggi il parco ha una buona frequentazione, sia nelle belle giornate invernali che soprattutto d’estate. Arrivano anche i turisti, ma bisogna trattarli bene. Fortunatamente, dopo anni, hanno fatto i bagni nuovi”.

Che ne pensi dell’idea della ruota panoramica?

“Che è stato sbagliato il periodo e che il tempo meteorologico non l’ha aiutata. Comunque una certa frequentazione c’è stata. Non tanto da parte dei viterbesi, quanto da quelli dei paesi vicini. Secondo me andava istallata a ridosso di Santa Rosa e aiutata con eventi collaterali”.

Per chiudere: il tuo futuro?

“Ovviamente a Prato Giardino. Che vuoi di più dalla vita?”.

 

 

 

 

COMMENTA SU FACEBOOK

CONDIVIDI