Gian Maria Cervo e la campagna di comunicazione di QDA: “Andate oltre la provocazione”

di Paola Maruzzi

La drammaturgia contemporanea a forte vocazione sperimentale torna ad animare Viterbo con Quartieri dell’Arte e la sua “stagione” internazionale, che si snoderà fino a metà novembre.
Lo storico festival di teatro, giunto alla XXIII edizione, è stato annunciato quest’anno da una campagna di comunicazione integrata (offline e online) che a molti è parsa discutibile e indecifrabile. Al centro dell’immagine ufficiale un corpo maschile dal cui slip spunta fuori quella che parrebbe essere la viterbese Fontana Grande; sullo sfondo l’azzurro del cielo e del mare.
Si tratta di una provocazione? Di un’allusione? Cosa sottende questa scelta esteticamente molto forte?
Abbiamo girato le domande al direttore artistico del festival, Gian Maria Cervo, che spiega: “Premetto di essere orgoglioso di aver lanciato un messaggio così impattante. L’immagine ufficiale dell’edizione 2019 di Quartieri dell’Arte è un condensato di significati e sarebbe riduttivo fermarsi alla mera allusione sessuale. Dentro c’è dell’altro, ci sono le strategie di assemblaggio, commistione e simulazione che accomunano le scritture polivocali del teatro, dall’antica Grecia fino alla drammaturgia contemporanea. Per comprenderla bisogna vivere l’esperienza del festival, entrare nelle corde degli spettacoli che andranno in scena a Viterbo a ottobre. L’immagine è un invito a mettere in discussioni le nozioni acquisite, i simboli certi. In fondo il teatro fa proprio questo: esercita la flessibilità, fa uso di linguaggi diversi”.
Cervo svela quindi che quella raffigurata non è Fontana Grande, la schietta icona viterbese, bensì si tratta di una copia della stessa collocata nell’isola di Rodi: “È un po’ come dire che se indagassimo la nostra storia troveremmo delle cose sorprendenti, è questo uno degli aspette su cui abbiamo voluto giocare con la campagna di comunicazione. Il senso di questa edizione di Quartieri può essere riassunto attraverso il concetto di sparizione e misteriosa riapparizione di determinate strategie drammaturgiche, illustrate attraverso un confronto tra forme antiche di polivocalità, rintracciabili solo per mezzo di frammenti, e forme contemporanee appena sperimentate. A questo tipo di indagine si associa un’investigazione sul territorio, sui suoi aspetti, tratti e fenomeni colpiti da damnatio memoriae. Si potrebbe dire che trattiamo la drammaturgia come il territorio e il territorio come la drammaturgia”.
Il frammento di corpo maschile e la mano che provocatoriamente solleva lo slip punta invece il dito contro un paradossale politically correct che sta invadendo il teatro contemporaneo: “Per anni la drammaturgia ha messo in scena il corpo nudo, fino quasi ad abusarne. Di qui la controtendenza del rifiuto, una sorta di fobia della nudità che, a mio avviso, cela un cieco perbenismo di cui dobbiamo sbarazzarci”.

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