Gian Maria Cervo a chiusura di Quartieri dell’Arte: “Serve un teatro scottante”

Paola Maruzzi

“Timeless” della compagnia Muta Imago, in scena a Ronciglione il 24 ottobre, chiude la XXII edizione di Quartieri dell’Arte. Calato il sipario incontriamo il direttore artistico Gian Maria Cervo per un bilancio a caldo sul festival e sulla sua ricezione in chiave territoriale.
Due mesi tondi di programmazione, 73 spettacoli, oltre 10 mila biglietti e più di 200 artisti coinvolti provenienti da 22 Paesi diversi sono i numeri in positivo incassati dalla rassegna di drammaturgia contemporanea cofinanziata dall’Unione Europea per circa 2 milioni di euro. Assente ingiustificato il pubblico di giovanissimi, un vuoto paradossale per una città universitaria che Cervo auspica possa colmarsi in futuro.
“Portare un festival a vocazione internazionale dentro un territorio-isola come il nostro significa da un lato mettere l’artista in condizione di ricerca, di sfida ai cliché, dall’altro predisporre il pubblico a dibattere di temi scottanti. E il teatro deve servire soprattutto a questo, a mettere in discussione le nozioni acquisite, come ci ha ricordato Elyse Dodgson, la direttrice internazionale del Royal Court Theatre, scomparsa qualche giorno fa”.
Un’arte, dunque, che ci fa “scomodare” e un po’ Quartieri dell’Arte ha rischiato di farlo anche nei fatti. È successo che durante la rassegna in molti hanno applaudito alle esibizioni delle varie compagnie sperimentali in scena al complesso Sant’Agnese di Vitorchiano, tra le sedi privilegiate di questa edizione itinerante, ma di giorno c’è chi ha mormorato per la presenza in paese di un gruppo di africani, gli otto attori beninesi in residenza teatrale per il progetto iterculturale di Quartieri dell’Arte. “Lo trovo interessante. Un festival deve fare anche questo”.
Non è un caso che uno dei fili conduttori della rassegna sia stata l’intenzione drammaturgica di far spostare lo spettatore dalla sua comfort zone, di gettare veleno sulla visione anestetizzata. “Mi sarebbe piaciuto – incalza Cervo – che un po’ di questo metaforico veleno fosse trapelato anche dal Teatro dell’Unione: la stagione ti dà il vantaggio di creare un ambiente, di educare pian piano il pubblico, ecco perché è importante modulare l’offerta non solo in chiave mainstream. Penso al Teatro Bellini di Napoli che in cartellone affianca Massimo Ranieri ai giovani drammaturghi. Sarebbe poi ancora più interessante immaginare il Teatro dell’Unione come un centro di produzione, con un’impresa di programmazione che inneschi un circuito virtuoso con altri teatri nazionali, in modo da portare le compagnie viterbesi fuori casa”.
Scalzando le polemiche, Cervo si tiene in posizione di “neutrale disponibilità” verso il territorio e chi lo amministra, mantenendo saldo l’impegno sui palcoscenici internazionali. È fresca la sua nomina al consiglio direttivo del Mit Fest del Montenegro e presto sarà in Turchia per la prima della commedia scritta con i Fratelli Presnyakov.
In cantiere anche la prossima edizione di Quartieri dell’Arte, che sarà ancora di più un “ibrido tra arte visiva e teatro sperimentale”, e l’imminente mostra pittorica a Bagnoregio dedicata a Reginald Pole, il cardinale vissuto 460 anni fa e le cui vicende si intrecciano a quelle di Michelangelo e Shakespeare. Tra le opere esposte anche un importante dipinto di Tiziano. A giorni verrà indetta una conferenza stampa per ufficializzare l’evento.

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