È necessario uscire dalla retorica e dire le cose come stanno, con chiarezza.
Continuare a ripetere che “le autorizzazioni erano già state rilasciate” non spiega ciò che è successo davvero sul territorio e soprattutto non chiarisce dove il Comune aveva e ha tuttora margini di intervento reali.
FASE DI AUTORIZZAZIONE: POTERI COMUNALI MOLTO LIMITATI
In fase di autorizzazione degli impianti FER, soprattutto quelli rilasciati anni fa, il Comune non aveva il potere di negare i permessi.
In quella fase:
– le competenze erano regionali o statali;
– il Comune poteva esprimere pareri negativi;
– quei pareri incidevano poco o nulla sull’esito finale;
– molte autorizzazioni erano atti dovuti, non scelte politiche.
Per questo è fuorviante continuare a concentrare il dibattito solo su quella fase.
FASE DI ATTUAZIONE: È QUI CHE IL FER È DIVENTATO SELVAGGIO
Il vero problema non è nato sulla carta, ma nella fase di attuazione e realizzazione, che si è concentrata soprattutto negli ultimi tre anni.
In questo periodo:
– i cantieri si sono moltiplicati;
– gli impianti sono stati realizzati tutti insieme;
– l’impatto è diventato; cumulativo e fuori scala;
– il territorio ha iniziato a subire danni concreti e permanenti.
Ed è proprio in questa fase che il Comune aveva e ha strumenti reali di intervento.
IN FASE DI ATTUAZIONE IL COMUNE POTEVA E PUÒ INTERVENIRE
Durante la realizzazione degli impianti il Comune non è uno spettatore passivo.
Può intervenire con strumenti concreti, tra cui:
– controlli puntuali sui cantieri;
– verifica del rispetto delle prescrizioni ambientali, edilizie e paesaggistiche;
– contestazione di opere difformi, strade abusive, movimenti terra non autorizzati;
– applicazione di sanzioni amministrative ed edilizie;
– diffide e sospensione dei lavori in caso di violazioni;
– tutela della viabilità comunale, con limitazioni o divieti ai trasporti eccezionali;
– interventi a tutela della sicurezza e dell’incolumità pubblica, soprattutto vicino alle abitazioni;
– azioni per la tutela della salute dei residenti;
– valutazione del rischio di surriscaldamento del suolo;
– interventi sul rischio idrogeologico aggravato dai lavori;
– sospensione dei lavori in caso di interruzione di servizi essenziali, inclusa l’energia elettrica;
– emissione di ordinanze contingibili e urgenti;
– coinvolgimento del Prefetto in caso di problemi di ordine pubblico o sicurezza;
– segnalazioni a ARPA, Carabinieri Forestali e altri enti competenti;
– ricorsi al TAR e richieste di sospensiva in presenza di danni gravi e irreversibili.
Un impianto autorizzato non autorizza a devastare un territorio.
IL PICCO DEL FER SELVAGGIO È NEGLI ULTIMI TRE ANNI
Questo punto va detto chiaramente.
La massima espansione del FER:
– non è avvenuta dieci anni fa;
– si è verificata soprattutto negli ultimi tre anni;
– quando la pressione sul territorio è diventata evidente;
– quando la somma dei progetti ha superato ogni soglia di sostenibilità;
È in questo periodo che l’inerzia istituzionale pesa di più.
PERCHÉ CHIEDIAMO UN’ASSEMBLEA PUBBLICA
Chiediamo un’assemblea pubblica perché vogliamo sapere:
– come il Comune intende procedere da ora in avanti;
– quali strumenti intende usare nella fase di attuazione;
– perché negli ultimi anni molti di questi strumenti non sono stati utilizzati;
– come intende tutelare salute, sicurezza e vivibilità del territorio.
Il silenzio non è più accettabile.
NON È IDEOLOGIA, È DIFESA DEL TERRITORIO
Contrastare il FER selvaggio non significa essere contro le rinnovabili.
Significa essere contro:
– la concentrazione senza limiti;
l’assenza di pianificazione;
– la trasformazione dei territori in zone di sacrificio.
RESTARE IMMOBILI È UNA SCELTA. E NON È NEUTRA.
Oggi il Comune ha ancora strumenti.
Usarli o non usarli è una responsabilità politica, non tecnica.
Il FER selvaggio non si ferma con le parole.
Si ferma nei cantieri, nei controlli, nelle ordinanze, nelle sanzioni e nelle decisioni prese alla luce del sole.
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