Even When I’m Not Here è la personale di Chiara Ventura per THEPÒSITO Art Space, l’inaugurazione della mostra è inserita nel programma dell’edizione 2024 dell’evento “RIGENERARSI” promosso dal Comune di Narni.Dal al L’opera dell’artista esplora i temi complessi delle relazioni interpersonali, del linguaggio e dell’espressione emotiva, con particolare attenzione ai meccanismi di scambio contraddittori tra gli individui. La mostra invita a riflettere su ciò che accade quando la comunicazione è resa difficile o impossibile, quando le parole falliscono o vengono censurate, e quando la reciprocità tra corpi diventa un gioco fisico di vuoti e pieni.
‘Quello che provo a dirti’ (2023) un’immagine elaborata digitalmente e stampata su carta patinata rappresenta una riflessione sul linguaggio e sull’espressione. L’opera appare all’interno di una busta sottovuoto che crea una distanza fisica e simbolica tra l’immagine e chi guarda, la distanza che esiste tra ciò che si vorrebbe dire e ciò che si riesce effettivamente a esprimere, tra il sé presente e il sé percepito dagli altri. Al suo interno, una porzione di acqua che scorre viene resa irriconoscibile da un processo di editing che altera la sua forma originaria. L’acqua, simbolo di flusso e scambio, è bloccata e compressa in uno spazio privo di respiro, l’immagine diviene metafora di una comunicazione bloccata o filtrata, che tenta di esprimere qualcosa ma risulta incompleta, alterata, e forse inaccessibile. Chiara Ventura esplora qui il paradosso del linguaggio. Mentre i sentimenti e le emozioni sono profondi e spontanei, la parola è fragile, ambigua, soggetta a fraintendimenti. Nel titolo dell’opera, il verbo “provare” suggerisce sia il tentativo di esprimersi sia l’esperienza emotiva pura, non filtrata dalle parole. Il risultato è un’immagine che comunica l’impossibilità di dire, lasciando spazio al silenzio e alla percezione sensoriale del corpo.
In dialogo con questa riflessione si trova la performance ‘A mare’ (2023), proiettata su uno schermo. Qui, il corpo e il mare diventano metafore dell’intimità e dello scambio tra individui. Ventura descrive il movimento delle onde come una scultura fatta a due corpi, dopo l’amore, dove il mare rappresenta il flusso di emozioni condivise e assorbite reciprocamente. La performance svela la trasparenza delle relazioni intime, in cui i corpi si riempiono e si svuotano l’uno dell’altro, rivelando una dinamica di dare e ricevere, di intimità e distanza.
In ‘A mare te’ (2023) i vestiti indossati durante l’esecuzione della performance divengono opera a sé. Questi abiti, impregnati di ricordi e gesti condivisi, incarnano simbolicamente la memoria del corpo e del contatto, sottolineando il legame tra materia ed emozione. ‘A mare te’ estende il tema della relazione al mondo degli oggetti, trasformando i vestiti in testimoni silenziosi dell’incontro tra corpi, dove ogni piega e traccia lascia un’impronta di ciò che è stato vissuto.
Il lavoro che dà il titolo alla mostra è ‘Even when I’m not here’ (2024), una fotografia che immortala il compagno dell’artista sul letto alla fine di un rapporto, posta dentro una sacca blu. Nella foto, le coperte, che per assurdo formano un’onda (per forma e colore), diventano simbolo di un mare interiore e di un flusso condiviso. La foto è inserita in una sacca idrica, un contenitore che normalmente ospita liquidi vitali, come l’acqua, ma che in questo caso è stato svuotato.
Even When I’m Not Here è dunque una ricerca che interroga il confine tra l’assenza e la presenza, tra il detto e il taciuto, offrendo una prospettiva su come le nuove generazioni si confrontano con l’incapacità e la fatica di dirsi davvero tutto. Si mette in scena una riflessione complessa e stratificata sulle dinamiche dei legami umani, evidenziando come la comunicazione, anziché facilitare l’incontro tra le persone, possa spesso diventare un ostacolo. La mostra diviene un’analisi su come le ultime generazioni vivono e interpretano le relazioni in un’epoca in cui la sovrabbondanza di mezzi di comunicazione non corrisponde a una maggiore chiarezza o profondità di scambio. In un mondo iperconnesso, dove il linguaggio digitale accelera e frammenta il contatto umano, le parole rischiano di diventare superfici scivolose, distanti dalla verità emotiva che intendono esprimere. Ventura si confronta con la difficoltà di trovare un equilibrio tra il dire e il non dire, tra l’intenzione e la ricezione del messaggio, in una generazione che spesso sperimenta la tensione tra il bisogno di connettersi e il timore di essere fraintesa o esposta. Nei suoi lavori, emerge la consapevolezza che l’espressione autentica, che sia verbale, corporea o visiva, è soggetta a barriere, fraintendimenti e silenzi. Le relazioni interpersonali diventano quindi uno spazio incerto, dove il linguaggio stesso, anziché strumento di chiarezza, può trasformarsi in un’arma ambigua, una maschera dietro cui nascondere emozioni più profonde.
Chiara Ventura (Verona, 1997) è artista visiva e performer. Il suo lavoro è genuinamente di carattere esistenziale, dove la biografia diventa cifra. Le pitture, sempre al limite tra figura e astrazione, incarnano i macrotemi delle opere plastiche, concettuali e performative. L’analisi sul corpo, sulle relazioni e reazioni che questo ha con psiche, emotività e l’Altro, è stata il punto di partenza per gli sviluppi di una pratica, prevalentemente performativa, dove il punto scomodo, non protetto, per chi fa e per chi guarda, è al centro dell’attenzione. Ventura indaga e denuncia gli aspetti più subdoli delle forme di violenza presenti nella contemporaneità ed è interessata agli aspetti politici del comportamento umano.
Dove: THEPOSITO ART SPACE – Via del Parco, 1, Narni Scalo