Si è tenuto sabato 25 ottobre, lo svelamento dell’opera “Eco del Sacro” di Francesco Capotosti al Museo Colle del Duomo di Viterbo. L’iniziativa, frutto della collaborazione tra la Diocesi di Viterbo e Archeoares, celebra il Giubileo attraverso un’opera che fonde arte contemporanea e riflessione teologica. Capotosti propone un archetipo papale, un pontefice senza tempo, che si distacca dalla tradizione ritrattistica: è un papa senza nome, simbolo universale della Chiesa e della sua funzione spirituale. La scultura, realizzata in coroplastica e impreziosita da elementi orafi, richiama le radici etrusche della città e si ispira ai tagli di Lucio Fontana, evocando una tensione tra fragilità e eternità. Durante l’inaugurazione, don Massimiliano Balsi, vicario episcopale per la Pastorale della formazione culturale e tradizioni della Diocesi di Viterbo, ha sottolineato come la statua incarni la speranza nella resurrezione: un papa nella città dei Papi che rappresenta la grandezza dell’eternità tra le pieghe della sofferenza. La povertà della materia, ricorda Balsi, richiama il passo paolino: “Dio ha scelto ciò che è debole per confondere i forti”, laddove il debole non è sinonimo di fragilità, ma di umiltà, di apertura alla grazia non di remissività. È una visione che ribalta le gerarchie mondane con un grande potenziale trasformativo. Don Massimiliano si augura che, grazie a questo esempio, anche altri artisti possano trovare in città una propria riconoscibilità. La dottoressa Elena Cangiano, responsabile per Archeoares del Polo monumentale Colle del Duomo, ha evidenziato il valore del dialogo tra la scultura contemporanea e la collezione storica e permanente del Museo che, nato nel 2000, celebra tra i due Giubilei, il suo 25° anniversario. La mostra si inserisce nello spirito di un dinamismo dialogico che da sempre ispira le iniziative del Museo, sempre pronto ad attrarre un numero crescente di visitatori grazie anche alla sua apertura nei confronti dell’innovazione tecnica e tecnologica. La dottoressa Barbara Aniello, docente di iconografia cristiana alla Pontificia Università Gregoriana, ha guidato il pubblico in una lettura icono(teo)logica dell’opera, invitando i visitatori a coglierne i dettagli rivelatori: la mano benedicente sospesa, lo sguardo inclinato, le zone incomplete del busto. Questi elementi suggeriscono un processo in divenire, un dinamismo nascosto che richiama il passo di San Paolo ai Colossesi: “Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa”. L’opera diventa così un simbolo di una teologia visiva di cui il Cristianesimo ha bisogno per parlare al suo popolo. “Eco del sacro” è più di una scultura: è un atto di fede, un invito alla contemplazione, un ponte tra la tradizione e la contemporaneità. Capotosti, scultore e orafo, ha espresso la sua emozione per aver esposto per la prima volta nella sua città natale. La Chiesa, ha ricordato Aniello, ha bisogno di artisti come lui, capaci di incarnare la speranza e di guidarci nel cammino spirituale attraverso la bellezza.
La mostra è visitabile fino al 2 novembre presso il Museo Colle del Duomo di Viterbo.
























