Dopo tre secoli “Rosina” torna a casa grazie al restauro di una joint venture, pubblico-privata

Dopo tre secoli “Rosina” torna a casa: bellissima e pure austera nella sua veste lignea, ritoccata e rivitalizzata. Alle 18 di domenica la statua settecentesca viene liberata dai veli che l’hanno delicatamente avvolta fino a poco prima. Il vescovo Francesco Piazza e la sindaca Chiara Frontini a presiedere alla cerimonia, seguita alla illustrazione della preziosa icona e del suo restauro, realizzato dal professor Giorgio Capriotti dell’Università della Tuscia. Restauro reso possibile da una joint venture, pubblico-privata, tra l’amministrazione comunale di Viterbo e l’imprenditore telesino-viterbese, Antonio Di Pietro. La sala conferenze del monastero registra il sold out: presenti, tra gli altri, anche il sindaco di Telese e il presidente del Tribunale di Viterbo. La statua risale alla prima metà del XVIII° secolo e faceva parte di un complesso ligneo che comprendeva tre sculture della santa: la prima è ospitata presso la casa di Santa Rosa, la seconda è quella tornata nel monastero, la terza si trova nell’episcopato del palazzo Papale. E attende di essere anch’essa restaurata. Meritevole l’opera di recupero alla quale hanno contribuito generosamente alcuni detenuti di Mammagialla che hanno eseguito la corona di rose che ora adorna il capo di “Rosina”. E nel nome di Santa Rosa potrebbe essere costruito un gemellaggio tra la nostra e la citta omonima di santa Rosa che si trova in Colombia. “Ci stiamo lavorando insieme al vescovo Francesco, siamo determinati ad arrivare in tempi brevi all’obiettivo”, annuncia l’ambasciatrice colombiana in Italia. Un gemellaggio che farebbe il paio tra Viterbo e Telese, due città accomunate da una stessa ricchezza, quella delle acque termali. I due primi cittadini confermano: “Perché no? Si può fare”. (L. C.)

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 6 persone

 

COMMENTA SU FACEBOOK

CONDIVIDI