Detroit su Netflix, un film tragico e necessario che rivive nei nostri giorni

di Nicole Chiassarini

Detroit è un film drammatico del 2017, diretto da Kathryn Bigelow e disponibile sulla piattaforma streaming Netflix. La pellicola si incentra su fatti che vedono protagonista la discriminazione raziale e i soprusi da parte dei poliziotti, ma si basa su una trilogia ideata da Mark Boal che vive in un discorso più ampio con i precedenti The Hurt Locker (Kathryn Bigelow, 2008) e Zero Dark Thirty (Kathryn Bigelow, 2012), ovvero la necessità della società americana di creare un nemico per il mero scopo di potersi identificare in qualcosa.
La Grande Migrazione che ebbe luogo prima della Prima Guerra Mondiale vide lo spostamento di sei milioni di afroamericani che lasciarono i campi di cotone del Sud, attratti dal lavoro nelle fabbriche e dai diritti civili del Nord. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli americani bianchi migrarono nei sobborghi, portando via soldi e lavoro dal centro urbano sempre più segregato.
Negli anni ’60 le tensioni raziali si sono inasprite, facendo scoppiare numerose rivolte. Nello stesso tempo a Detroit gli afroamericani erano confinati in pochi quartieri sovraffollati, pattugliati da poliziotti bianchi noti per la loro aggressività. La promessa di pari opportunità si rivelò solo un’illusione e il cambiamento era ormai inevitabile: era solo questione di come e quando.
La pellicola racconta i fatti avvenuti a Detroit nell’estate del 1967. Durante gli scontri civili diversi poliziotti iniziano a interrogare gli ospiti all’Algiers Motel, sospettati di aver sparato ai militari schierati in strada. Alla fine di quella stessa notte tre uomini disarmati vengono uccisi a colpi d’arma da fuoco e altri brutalmente e ingiustamente picchiati.
Detroit è ispirato a fatti realmente accaduti, con l’aggiunta di parti romanzate in quanto, ad oggi, non sono ancora ben chiari gli atti che si consumarono all’interno di quel Motel, ma la cosa certa è che la regista è riuscita a ricreare una vicenda spietata e talmente crudele da togliere il fiato dalla rabbia. Lo sguardo di Bigelow fa immerge lo stesso spettatore all’interno della storia, con un impeto travolgente e profondamente sensoriale.
All’interno del film ogni dialogo, le urla e i pianti, riescono a fare breccia nell’animo di chi guarda, comodamente da casa, delle scene che sembrano solamente far parte di un oscuro passato, ma che ancora sono scenario della nostra società.
È un flusso insistente di rumori e spari, tanto che vista e udito si fondono, generando uno stato ipnotico per tutta la durata del film. Una denuncia sociale che resta perfettamente in piedi anche grazie alla fotografia di Barry Ackroyd, dove la luce intermittente fa sentire ogni singolo granello di polvere nell’inquadratura e le ferite inferte provocano realmente dolore.
Anche il montaggio riesce a mostrare al meglio la crudeltà degli atti, creando come un senso costante di claustrofobia, al punto da generare una vera e propria follia. Un incubo che sembra non avere fine, dove i dettagli degli sguardi terrorizzati dei ragazzi del Motel immortalano perfettamente gli scontri che in quel periodo resero Detroit un vero e proprio scenario di guerra.
A rendere ancora più concreta la sensazione di angoscia, degli attori talmente realistici da far sembrare ogni attimo un terribile prodotto amatoriale. Ed è così che razzismo e diritti umani prendono forma in questo terzo film di Mark Boal, girato da Kathryn Bigelow.
Detroit di Kathryn Bigelow, disponibile su Netflix, è uno spaccato della fragilità americana, di quell’impellente necessità di trovare un nemico da sconfiggere e senza il quale l’identità degli Stati Uniti d’America è destinata a venir meno. Un film veramente tanto forte, che fa riflettere, in quanto i fatti che continuano a susseguirsi in questo periodo negli USA lo rendono tremendamente attuale.

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