Claudio Margottini, dalle Piramidi al sogno di una Viterbo capace di attrarre

Luciano Costantini

Puntualissimo all’appuntamento. A cavallo di una potente moto, occhiali da sole, t-shirt scura, jeans. Altro che uniforme diplomatica con tanto di frac e feluca come imporrebbe il cerimoniale che Claudio Margottini talvolta è obbligato ad osservare. Perché Claudio Margottini, viterbese doc, 60 anni ben portati, è da qualche mese nuovo Addetto Scientifico dell’Ambasciata italiana al Cairo. Lui più semplicemente ama definirsi un tecnico prestato alla conservazione dei Beni culturali. Una laurea in Scienze geologiche presso l’Università la Sapienza di Roma, con alle spalle numerosi incarichi di prestigio alla Commissione europea, all’Unesco, alla Agenzia internazionale per l’energia atomica. Docente alla Huazong University for Science and Technology di Wuhan (Cina). Un curriculum lungo come una pergamena, accompagnato ovviamente da un altrettanto lungo percorso di vita: dall’Estremo Oriente al Perù, alla Bolivia, passando per l’Afghanistan e l’Africa. E’ proprio il console a mostrarci in una slide presa dal suo pc il percorso professionale: tanti piccoli cerchietti che punteggiano tutti i continenti. Emozioni forti. “La più grande?”, un attimo di esitazione per ripassare in fretta il libro dei ricordi. “I Buddha di Bamiyan in Afghanistan, quelli distrutti dai telebani nel 2001. Noi italiani, lavorando con una impresa italiana, siamo riusciti a risistemare con una tecnica innovativa le mega nicchie che occupavano le due statue. Magari faremo anche qualcosa di più. E poi l’intervento di ripristino della piramide di Hawara vicino al Cairo. Tutte operazioni realizzate da tecnici e imprese italiane”. Che portano ovviamente la firma di Claudio Margottini e che, crediamo, gli siano valse l’incarico a nostro plenipotenziario scientifico al Cairo. Già, ma l’Italia dove la mettiamo? Eppure vi sarebbero, anzi vi sono, beni artistici e storici da salvare. Il console alza gli occhi al cielo…un sospiro: “Eh sì tanti….è questione soprattutto di risorse che non ci sono”. Restando a casa nostra? “Be’ mancano anche altre cose. Troppi ritardi nel realizzare infrastrutture che sarebbero essenziali per costruire un futuro i cui contorni oggi mi sfuggono. Penso alla superstrada Orte-Civitavecchia e al completamento della Cassia. Bisogna migliorare la qualità della vita e fare di Viterbo e, più in generale, della Tuscia un centro permanente di attrazione culturale, lavorando a stretto contatto con soggetti locali. Parlo, innanzi tutto, dell’Università. Creare una città viva, capace di generare eventi e attrarre risorse, ma per l’intero anno. Non soltanto in alcuni periodi prefissati. Bisogna fare a gara a chi è più bravo a costruire la città del futuro e non a fare politica”. Forse servirebbe anche un tecnico da prestare alla politica. O no? Il sorriso del console è più di una risposta. “Ho già fatto l’assessore al Comune di Orvieto e anche con grande soddisfazione. A Viterbo? Ho collaborato con Filippo Rossi, un visionario come me, ma poi il lavoro?”

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