Charlie Hebdo: da Parigi cronaca di una domeica particolare

francesca pasquini

Parigi, domenica 11 gennaio 2015

A Parigi, come in molte ltre città del mondo, la domenica mattina ci si alza tardi, stanchi di una settimana troppo lunga o degli eccessi del sabato sera.

D’ordinario si va al mercato, alla boulangerie a comprare la baguette, si portano i bambini al parco prima di pranzo, o ci si dedica ad attività sportive.

Ma questa domenica era diversa.

Alzandomi il mio compagno mi ha chiamata in cucina dove stava preparando la colazione, c’era la finestra spalancata, ma non faceva freddo, prendendomi per le spalle mi ha messa davanti alla luce del sole, chiarissima, quasi accecante, e, cosa ancora più rara vista la stagione, i raggi del sole scaldavano la pelle; qualche secondo dopo siamo stati raggiunti da nostra figlia Iris, 4 anni, e siamo rimasti cosi, fermi al sole, con gli occhi chiusi, per qualche secondo.

Per chi non è parigino non è facile capire, quanto questo dettaglio d’inizio giornata sia degno di essere sottolineato.

Un’oretta dopo, lasciammo casa sotto un cielo limpido e luminoso, direzione una brasserie dei Grands Boulevards per pranzare.

L’atmosfera che si respirava per le vie era un po’ quella delle vigilie, quando la gente fa una sorta di conto alla rovescia, in attesa del momento clou della giornata.

I parigini avevano vissuto ore come zombie davanti agli orrori diffusi dai canali d’informazione, la situazione evolveva d’ora in ora, si viveva reclusi ; nessuno osava fare i saldi, andare al cinema o al ristorante, non per paura, piuttosto per rispetto, ma soprattutto perchè durante quelle ore buie, ci si concentrava su quello che era essenziale.

Pero’ Parigi quella domenica, si preparava ad essere l’ombelico del mondo ecco perchè tutta quella frenesia, quell’eccitazione, la capitale si apprestava a vivere la pagina più bella della sua storia, e noi tre non volevamo mancare all’appello.

Andare con Iris era importante perchè, nonostante la sua tenera età, aveva vissuto giornate particolari, durante le quali aveva scoperto che esistono adulti « cattivi » che uccidono, e che gli elicotteri, le sirene ed il piano di allerta attentati dispiegato a scuola, servivano a proteggerci ; e malgrado i filtri che eravamo riusciti ad applicare, il suo vocabolario si era arricchito di nuovi vocaboli, non adatti alla sua età.

L’epilogo per lei non fu facile da capire, i cattivi avevano ucciso i buoni, ed i buoni per difendersi avevano a loro volta ucciso i cattivi.

Ma non è giusto uccidere, vero mamma ? Allora perchè anche i buoni uccidono ? Perchè i cattivi sono cattivi ? Se i cattivi sono morti, non torneranno più ?

Speriamo di no, Iris.

Le avevamo detto che domenica sarebbe stata una giornata speciale e volevamo che restasse impressa nei suoi ricordi di bambina, allora papà e mamma l’avrebbero portata a teatro a vedere la storia di Cappucetto Rosso e poi saremmo andati a raggiungere tante altre persone, che come noi non volevano che quanto accaduto succedesse di nuovo.

Dove le raggiungeremo? In un giardino con le altalene?

No, per strada, cammineremo dove di solito passano le macchine, vedrai.

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All’uscita del teatro, poco prima delle tre, ci stupi’ il silenzio, mancava il leitmotiv del traffico, avevamo previsto di raggiungere Place de la République in metropolitana, ma appena svoltato l’angolo ci rendemmo conto che migliaia di persone avevano invaso il boulevard, eppure eravamo a più di un chilometro e mezzo dal luogo del raduno.

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Fu cosi’ che anche noi tre raggiungemmo quel flusso composto da famiglie con bambini, coppie di pensionati, gruppi di amici o persone venute sole.

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Era un movimento composto e silenzioso, ed a rompere quel silenzio solo marsigliesi o lunghi applausi in cui si scandiva il nome « Charlie » che non era più riferito unicamente alla redazione del giornale, ma a tutte le vittime, Charlie era diventato un simbolo, cosiccome le matite inneggiate a garanzia della libertà d’espressione.

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C’era gente ovunque, lungo la strada principale, secondaria, parallela e perpendicolare alla grande arteria che è il boulevard parigino, c’erano persone in piedi sui tetti dei palazzi e sulle fermate degli autobus, i balconi di parigi non erano mai stati cosi affollati.

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Eravamo due milioni e mezzo di persone, concentrate in un piccolo perimetro della città, una scommessa azzardosa per chi era reponsabile della sicurezza.

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Gli organizzatori non avevano sperato di raggiungere un numero cosi’ alto di partecipanti, ed in realtà non c’era più un percorso preciso, perchè il popolo era sceso in strada ed anche il più piccolo passaggio era invalicabile.

Si era immaginata una marcia, ma Haussmann non  aveva progettato strade abbastanza larghe e la marcia di fermo’ rapidamente nel suo progredire, ma si allargo e si allungo per ore.

L’atmosfera era allegra e serena, si voleva rendere omaggio con il sorriso, ed allo stesso tempo rendere ridicolo ed insignificante chi aveva voluto la morte di un giornale decimandone la redazione e, ironia della sorte, mori’ nei locali di una tipografia, di chi fondamentalista islamico era morto in un alimentari ebraico.

« Sono riusciti ad ottenere solo un minuto di silenzio » dicevano alcuni cartelloni.

Dentro di me mi sono detta, con emozione,  che quella domenica era il giorno in cui Marine Le Pen aveva perso le elezioni.

Li’ in quelle vie di Parigi non c’erano più frontiere e nazionalità ed ho visto persone alzare gli occhi commossi verso mia figlia, sulle spalle del papà, semplicemente perche il mondo in cui viviamo già non ci ppartiene più, ma è dei nostri figli.

In molti le hanno parlato, sorriso, preso le mani.

Chissà cosa avrà pensato Iris.

Chissà cosa avranno pensato i poliziotti ed i gendarmi abituati a farsi insultare durante le manifestazioni, sentendosi applauditi da tutti, chissà cosa avranno provato quando, facendo un cordone di sicurezza all’inizio della marcia, si sono accorti di avere una nazione alle spalle.

Chissà cosa avranno pensato le forze speciali appostate in piedi sui tetti dei palazzi quando guardo la folla in basso, hanno sentito alzarsi grida di ringraziamenti verso di loro.

Chissà come ci avranno rapresentato i vignettisti di Charlie da lassù, di sicuro non avranno mai avuto una prospettiva migliore.

Chissà se durerà quest’emozione positiva che ci ha invaso tutti, in ogni città di Francia e nelle capitali del mondo.

Cio’ che è sicuro è che lunedi 12 gennaio, fu, per molti francesi il primo giorno del resto della loro vita.

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