Andrea Scaramuccia: da golden boy della politica a imprenditore. Con Viterbo nel cuore

di Arnaldo Sassi

Andrea Scaramuccia_ILT

Ad appena 19 anni e 10 mesi (eravamo nel 1995) era già consigliere comunale. Un vero e proprio golden boy della politica viterbese, con un’attività proseguita ininterrottamente fino al 2008. Tre mandati consecutivi, durante i quali è stato anche capogruppo di An dal 2001 al 2006, nonché vice presidente del consiglio comunale dal 2006 al 2008. Poi altri incarichi: quello di consigliere nel Cda dell’Adisu e di presidente dell’Interporto Centro Italia. Un amore per Viterbo e per la politica che ad un certo punto si è interrotto, non senza una profonda riflessione: quella di costruire un futuro migliore per la propria famiglia e per i propri figli.

Ed è così che nel 2014 Andrea Scaramuccia ha fatto armi e bagagli ed è partito per l’Inghilterra. Andando ad approdare non in una città qualsiasi, bensì a Cambridge, capitale europea (se non mondiale) della cultura. Cambiando totalmente il suo status: da politico di lungo corso a imprenditore.

Quando è arrivato nell’isola aveva 38 anni. Insieme a lui la moglie e i suoi tre figli, Raffaele, Riccardo e Rachele. La più piccola nata da appena 15 giorni. Oggi ne ha 10 di più e si può dire che abbia raggiunto tutti i suoi obiettivi.

Quale è stata la spinta a fare un passo così netto?
“La possibilità di un futuro migliore per me e per la mia famiglia rispetto all’Italia, che io amo e continuerò sempre ad amare. Viterbo in particolare. Ma l’Italia è bella e dannata. Oggi i miei figli hanno 17, 16 e 9 anni e per loro c’è la probabilità concreta di un futuro pieno di soddisfazioni. Il più grande, Raffaele, frequenta l’Hills Road Sixth Form College, che è il miglior college inglese, con buone possibilità di entrare alla Cambridge University, anche se lui preferirebbe trasferirsi a Edimburgo, in Scozia”.

Insomma, ormai vi siete inglesizzati…
“Tutta la mia famiglia ha il passaporto e la cittadinanza inglese. Solo io ho mantenuto quella italiana. Anzi. Il secondo figlio, Riccardo, è stato anche convocato una volta nella nazionale di pallacanestro e il prossimo anno dovrebbe andare a Southampton, dal momento che gli hanno proposto di giocare in una squadra molto importante, che tra l’altro ha collegamenti con la Nba”.

Allora, tutti felici e contenti…
“Loro stanno vivendo la loro gioventù nel modo migliore. Tra l’altro Rachele, la più piccola, non ha mai vissuto in Italia. E tutti, compresa mia moglie, non tornerebbero mai indietro”.

Qual è attualmente l’attività che svolgi?
“Ho un ristorante vicino al centro di Cambridge e anche un negozio di prodotti tipici italiani e spagnoli. Prima del Covid e della Brexit avevo anche altri due ristoranti, ma li ho dovuti vendere per carenza di personale. Insomma, la mia attività a un certo punto era diventata una prigione, anche se dorata. Così ho deciso di fare una scelta conservativa, sia fisica che mentale”.

Però sembra che le cose vadano bene…
“Dal punto di vista economico fila tutto liscio, nonostante ci siano molte spese fisse: il personale, le bollette, gli affitti vari e quant’altro. Spendo circa 480 mila sterline all’anno, che corrispondono a quasi 600 mila euro. E se il business dovesse calare si farebbero sentire. Ma fino a ora, nonostante la crisi, la pandemia e la guerra non mi posso lamentare. Fare l’imprenditore oggi non è semplice in Italia, ma neppure in Inghilterra. E gli scenari futuri non sono rosei”.

Però sembra che la vita inglese ti piaccia…
“No, tutt’altro. Quella inglese è una vita tutta incentrata sul business e sull’individualismo. Insomma, sull’edonismo più sfrenato. Tutto il contrario di quello che ho vissuto nella mia gioventù viterbese. Ma il mondo moderno oggi è questo e quindi bisogna farci i conti… con un bel gruzzolo in banca”.

Differenze con l’Italia?
“Tante. Di storia e di cultura. Qui ad esempio non si usa cenare con gli amici a casa di qualcuno o al ristorante. Si mangia velocemente e poi si va tutti al pub, vero luogo d’incontro degli inglesi. Ormai mi ci sono abituato anch’io: sono ingrassato 20 chili e bevo birra come un hoolingan”.

La Brexit ha avuto conseguenze sulla vita sociale?
“Secondo me è stata la cosa peggiore che potesse fare il governo inglese, soprattutto da un punto di vista concettuale. Perché ha demandato una decisione così importante al popolo, che non aveva né le competenze, né le conoscenze adatte. Doveva essere presa dai politici, o quanto meno con una maggioranza dei tre quarti dei votanti, non del 50 per cento. Ma è stata cavalcata dai populisti di destra e anche da quelli del partito laburista. Il referendum è stato errore e gli effetti si vedono oggi”.

E sul tuo lavoro?
“Ho dovuto vendere due locali per la difficoltà di trovare dipendenti. Qui c’è bisogno di personale italiano, che conosca i piatti italiani e la nostra cultura enogastronomica. Credo che la Brexit sia da abolire e spero che prima o poi si faccia qualcosa a livello politico, perché qui si sta sentendo tutto il peso di questa scelta. Mi fanno ridere gli amici o gli ex amici della destra italiana che invocano l’Italexit. A me questi populismi hanno sempre dato fastidio. Mi davano fastidio prima, figuriamoci adesso”.

E agli inglesi piace la cucina italiana?
“Devo dire che i nostri piatti hanno molto successo. Ma piace anche il nostro modo di fare. Insomma, non solo la cucina, ma anche il modo di proporla”.

Come si vive a Cambridge?
“Qui c’è una realtà multietnica e multiculturale che ti apre la mente. E’ un modello che funziona perché è basato sul rispetto delle regole. Se non le rispetti arrivano punizioni pesanti. E’ una bella realtà, perché parli spagnolo, francese, inglese. A 200 metri dal mio ristorante c’è una delle più grandi moschee d’Inghilterra e tu ti confronti con un bell’ambiente”.

Riesci a seguire la politica italiana?
“Ne ho sempre pensato male, anche quando ne facevo parte. A maggior ragione adesso. Qui se c’è qualcuno legato a uno scandalo viene subito messo da parte e non può più partecipare alla vita politica. Idem se uno viene arrestato o se è solo chiacchierato. In Italia mezzo parlamento dovrebbe andare a casa. Qui a casa ti ci mandano gli stessi inglesi. Basti pensare a Boris Johnson, detronizzato per aver fatto un festino durante il lockdown. In Italia lo avrebbero osannato al grido di ‘grande’, ‘bunga bunga’, ‘sei il numero uno’ e via dicendo. Da noi c’è solo la corsa ad essere furbi…”.

E quella viterbese?
“Viterbo rimane nel mio cuore. Seguo tutti i giorni ciò che accade, respiro la città. E mi manca. Mi manca il mio impegno amministrativo e politico, anche perché quello che vedo non è bello. Sembra di essere di fronte a una scala che va solo in discesa. L’ultima campagna elettorale è stata l’apoteosi del populismo e della demagogia. Sembrava di assistere alle gare degli influencer piuttosto che dei politici. Un consigliere, un assessore, un sindaco non si inventano e i risultati li stiamo vedendo con un’amministrazione che fa poco e male. Poche idee, ma confuse”.

Ce l’hai con l’attuale amministrazione?
“No. Ce l’ho con quelli che dicono cose false e propongono questo e poi fanno quello, non facendo il bene della città. Oggi Viterbo avrebbe bisogno di un patto politico e sociale per cui chiunque siano il sindaco e la maggioranza si dovrebbe stilare un programma condiviso da tutti, perché nelle emergenze c’è la necessità di condividere gli obiettivi. L’asfaltatura delle strade non può essere motivo di battaglia politica, così come l’illuminazione pubblica o la gestione dell’acqua. Questo in Inghilterra non si vede: qui ci sono programmi trasversali che vengono portati avanti per il bene della città. Poi ci si divide su scelte che non sono fondanti. A Viterbo sembra esserci Penelope con la sua tela. E tutto questo da lontano si percepisce ancora di più”.

Possibile che tra i politici viterbesi non ti piaccia proprio nessuno?
“Mi piace molto Daniele Sabatini. E’ un ragazzo serio e preparato, nonché attento al territorio. Spero che altri giovani possano dare una mano”.

Ci torni a Viterbo ogni tanto?
“Poco, perché non riesco a liberarmi facilmente. Però mi manca. Mi manca il 3 settembre, l’incontro coi cittadini, lo scontro su tematiche amministrative e politiche, il confronto e soprattutto gli amici”.

Ma un giorno tornerai al paesello?
“Probabilmente no. Io non ho preso la cittadinanza inglese e mai la prenderò. Ma tutto il resto della famiglia sì e nessuno vuole tornare, anche se a me dispiace. Però a Cambridge mi trovo bene e adesso anche qui mi conoscono tutti: dai deputati al sindaco (ride, ndr)… Insomma, sto ricostruendo una catena di relazioni importanti”.

Vuoi vedere che tra qualche tempo ce lo ritroveremo impegnato nella politica inglese? Come dice il proverbio “mai dire mai”.

Scara_2

COMMENTA SU FACEBOOK

CONDIVIDI