Alma Minghi: pace e ritmi lenti nella casa di famiglia a Vetralla

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Quando cala la notte, i rumori si spengono, le luci si fanno morbide, e si è soli con se stessi e con il proprio mondo interiore. È il momento in cui Alma Minghi, ascoltando in cuffia brani di colonne sonore famose, ama prendere la penna e fissare sulla carta emozioni e impressioni della giornata appena trascorsa. E le trasforma in racconto. “Non potrei rinunciare a questi momenti: la solitudine, la tranquillità mi ricaricano completamente”. “La custode dei se”, il suo romanzo d’esordio, è nato di notte, al rincasare dopo giornate rese frenetiche da mille impegni. Sulla scia di sensazioni e suggestioni della realtà circostante, Alma ha intessuto un’intensa storia d’amore e di vita.

Sophie, la protagonista, custodisce gelosamente un baule pieno di ricordi, che non può condividere con altri perché perderebbero la loro magia. Aprire il suo baule in solitudine equivale ad affacciarsi nel suo passato, che non è mai realmente scomparso. Soprattutto, nel farlo Sophie si immerge in un amore che continua a vivere dentro la sua anima. Una storia d’amore di tanto tempo prima, durata pochi mesi, che ha fatto in tempo a cambiarla profondamente, e che l’ha resa la persona che è adesso. Sophie, un nome che suggerisce filosofia, sapienza: la protagonista custodisce gelosamente nel suo cuore i suoi se e i suoi ma; ostacoli da superare, ma anche opportunità per la sua crescita personale, per la sua nuova avvenuta consapevolezza. Sensibilità e introspettività: queste le corde emotive toccate da Alma Minghi, per un romanzo che riporta alla fine di ogni capitolo una pagina bianca. “Ho voluto che ogni lettore e lettrice trovasse spazio per le proprie emozioni, le proprie considerazioni, da annotare accanto alle mie”.

Un’opera narrativa che segna l’esordio letterario della giovane scrittrice, già giornalista, autrice di programmi televisivi e figlia d’arte. Alma sentiva da tempo il richiamo della scrittura, e ha iniziato scegliendo di raccontare l’amore, ma non solo. “Le mie riflessioni toccano le domande più grandi che ci possiamo porre: il senso della vita, della morte. Il senso della felicità ma anche del dolore. Domande immutabili, a cui da sempre si è tentato di dare risposte. E in questo senso la mia storia è senza tempo: non a caso è ambientata nelle due città eterne per eccellenza, Parigi e Roma”.

Bella, intensa, dai tratti del volto mobilissimi. Cresciuta in una famiglia dove si respira l’arte e la musica, con il papà Amedeo famoso compositore e cantautore, e con la mamma Elena recentemente scomparsa – a cui ha dedicato lo struggente prologo – Alma Minghi vive oggi a Roma ma conosce la Tuscia. “Ho vissuto per alcuni periodi nella casa di famiglia di Vetralla”, racconta. Un luogo lontano dal frastuono roboante della capitale, in cui la vita scorre ad una velocità diversa. Alma scrive per sé, come una sorta di autoterapia, e scrive pensando agli altri. “Mi piace trasmettere messaggi positivi che possano arrivare ai lettori tra le righe della storia”. E in riferimento ai recenti avvenimenti di violenza contro le donne, il suo sguardo si accende. “Le donne hanno il dono di riuscire a fare tutto e bene, malgrado le mille incombenze. La creatività può essere per loro un ottimo veicolo di riscatto e di autoaffermazione. Vorrei però che cominciassero a nutrire una sana autostima, e la coscienza del proprio valore. Che cominciassero da madri a dire i no ai loro figli maschi, che li educassero loro per prime a portare rispetto alle loro future compagne”.  Un’autrice così dichiaratamente al femminile, riuscirebbe a rapportarsi ad una storia con protagonista un uomo? “Diciamo che una storia così rientra nei miei progetti futuri…in effetti, ci sto già pensando”, conclude sorridendo.

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