A Fabrica di Roma la “benedizione dei giusti”

C’era ovviamente il sindaco di Fabrica di Roma Claudio Ricci. C’erano anche l’assessore alla memoria ebraica del Comune di Roma Massimo Finzi, nonché il questore di Viterbo Giancarlo Sant’Elia e il consigliere regionale Enrico Panunzi.

Ma c’era soprattutto lui, Vittorio Polacco, il ragazzino salvatosi dal rastrellamento del ghetto di Roma, avvenuto il 16 ottobre 1943, quando le truppe neonaziste del generale Herbert Klapper piombarono all’alba nel quartiere ebraico e prelevarono ben 1.259 persone, di ogni età e in qualunque condizione di salute, con destinazione Auschwitz.

Vittorio, all’epoca poco più che un bambino, era stato già fatto salire su uno dei camion destinati alla deportazione, ma un soldato tedesco si distrasse e i nonni, che in quel periodo lo stavano ospitando, riuscirono a farlo scendere e a nasconderlo in un convento. Dopodiché i genitori, che vivevano a Fabrica di Roma, vennero a prenderlo e lo portarono nel paesino della Tuscia, dove fu nascosto grazie all’aiuto della famiglia fabrichese Santini, fino alla fine della guerra.

Questa mattina al teatro Palarte di Fabrica di Roma si è tenuta una manifestazione durante la quale c’è stata la ricostruzione, col racconto dei protagonisti, di come alcune famiglie ebree si sono salvate dalla deportazione nazista grazie all’aiuto dell’intera comunità del paese e, in particolare, di alcuni suoi cittadini. E Vittorio Polacco ha potuto abbracciare Emilio Santini, figlio di quella famiglia che lo nascose e lo salvò dalle angherie naziste.

E’ stata una cerimonia molto sentita quella svoltasi nel teatro fabrichese, alla quale hanno partecipato anche i volontari dell’associazione Aquile Tricolori e una pattuglia a cavallo della Polizia di Stato. I racconti, le famiglie ritratte in foto in bianco e nero proiettate insieme alle scene tratte da un film che ne raccontava le vicende, hanno calamitato l’attenzione dei ragazzi delle scuole presenti per circa un’ora, permettendo loro di imparare, non dai libri, ma dai protagonisti, le pagine più buie della stoia contemporanea.

L’assessore Finzi (lui stesso scampò ai campi di sterminio perché, quando aveva meno di due anni, durante i rastrellamenti, venne affidato ai nonni di Paolo Guzzanti e fatto passare per loro nipote) ha ricordato: “Dopo l’8 settembre gli ebrei vennero considerati stranieri che appartenevano ad una nazione nemica. Quindi chi aiutava un ebreo aiutava un nemico e veniva passato per le armi. Il processo di Norimberga ha stabilito il principio, secondo il quale, quando le leggi scritte dagli uomini vanno contro le leggi naturali, abbiamo l’obbligo di non rispettarle. A Fabrica di Roma i cittadini hanno preferito rispondere con la loro coscienza e lo hanno fatto con la semplicità di gesti e azioni che scandiscono la vita nei piccoli centri dove resistono i valori fondamentali di famiglia, amicizia e della sacralità della vita”.

Alla fine, nell’aiuola di piazza Dante Alighieri, è stato piantumato un ulivo ed è stata scoperta una targa a ricordo dell’evento.  (A.S.)

 

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