Augurio per un figlio che fa l’esame di maturità

di *Alberto Pellai

 “Ciao Pietro, avanti tutta”. E’ la terza volta che vedo uno dei miei figli uscire di casa per andare a fare l’esame di maturità. Se con il primo figlio l’ansia sua era anche ansia mia, stamattina dentro me percepivo soprattutto la bellezza che la paternità ha regalato alla mia vita di uomo. Accompagnare i figli nelle tappe della loro crescita, stare loro accanto, constatare che giorno dopo giorno prendono in mano il bandolo della matassa della propria vita e diventano autonomi è una gioia grandissima. Mentre pensi a tutto questo, ti arriva dentro anche una miscela di altre emozioni. La nostalgia di un tempo piccolo, in cui le sfide del quotidiano erano molto meno imponenti di un esame di maturità: il primo giorno di asilo, la prima gita con tuo figlio che ti saluta agitando la manina dal finestrino di un pullman, la sua prima vacanza con l’oratorio, il saggio di fine anno a scuola di musica. C’è una storia enorme che compare all’improvviso nel cuore e nella mente di un papà quando pronuncia ad un figlio la frase “avanti tutta”, detta per fargli sentire che mentre lui farà il suo esame di maturità, io – il suo papà – lo terrò nel cuore. In quell’”avanti tutta” c’è la sua vita che avanza e la mia vita che arriva ad un nuovo capolinea, dove – quasi senza accorgercene – sta avvenendo un progressivo passaggio di testimone tra me e lui. E’ in questi passaggi, che ritrovo il senso che ho dato, che sto dando e che darò alla mia vita. Un senso che non sarebbe esistito se non fossi stato genitori di Jacopo, Alice, Pietro e Caterina. Alle cui esistenze sento di appartenere, profondamente. Appartengo alle loro vite, ma non le possiedo. Per questo, loro ora spiccano il volo. E io dalla finestra della vita, mi godo lo spettacolo. Con una enorme gioia. E – non posso non ammetterlo – con una tremenda nostalgia.
Buona maturità! A Pietro! A tutti i maturandi! E a noi, mamme e papà, che come giardinieri prepariamo e aspettiamo il raccolto, gettando un seme nel terreno della vita e – giorno dopo giorno – prendendoci cura di quel terreno. E anche di quel seme.
Ogni giorno, non solo come professionista, ma anche come padre, rifletto profondamente sul concetto di “allenare alla vita” che ho messo al centro del mio ultimo libro sulla genitorialità (“Allenare alla vita” di A.Pellai, Mondadori ed). Sento che – oggi più che mai – noi genitori – e in particolare noi padri – dobbiamo dare parola alla nostra esperienza di vita, a ciò che sperimentiamo nel tempo in cui aiutiamo un figlio a crescere, ovvero, lo alleniamo alla vita”.
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*Alberto Pellai è medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Milano. Nel 2004 il ministero della Salute gli ha conferito la medaglia d’argento al merito in Sanità Pubblica. È autore di molti bestseller di parenting e psicologia, tra i quali Tutto troppo prestoL’età dello tsunamiRagazzo mio. Da Mondadori ha pubblicato Da uomo a padre (2019), La vita accade (2022) e, insieme a Barbara Tamborini, Zitta! (2018), La bussola delle emozioni (2019), Tabù (2020), Accendere il buio, dominare il vulcano (2021), Appartenersi (2023). I suoi libri sono tradotti in più di quindici nazioni e hanno vinto numerosi premi. Dal 2010 cura su «Famiglia Cristiana» la rubrica settimanale «Essere genitori». Su Facebook gestisce una pagina dedicata ai consigli sull’educazione seguita da 150.000 follower, mentre su Instagram è seguito da 55.000 persone.
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