Emigrazione e ricorsi storici: quei 500 operai viterbesi verso la Germania nel 1961

di Luciano Costantini

Emigrati italiani in germani anni 60 stazione di Wolfsburg Germania

Oggi un viterbese su tre è anagraficamente anziano. Quasi sempre pensionato. Sessanta anni addietro era certamente più giovane, ma spesso senza lavoro e costretto ad emigrare, come dimostra una ricerca pubblicata sul Messaggero del 6 aprile del 1961. Il giornale dà notizia della mesta partenza per la Germania di un gruppo di giovani, spesso con famiglia a carico, dalla stazione ferroviaria di Porta Fiorentina. L’indigenza e lo spopolamento dei centri minori li ha obbligati a lasciare l’Italia. Un fenomeno che viene registrato già alla fine degli anni Cinquanta e che si va ampliando drammaticamente. Soltanto nei primi tre mesi del 1961 sono 500 i viterbesi costretti ad emigrare rispetto ai 60 di tutto il ’59 e agli 800 del’intero ’60. Destinazione preferita (si fa per dire) la Germania, dove i nostri lavoratori sono particolarmente apprezzati.

Da Messaggero del 6 aprile del 1961

Nei primi tre mesi del 1961 sono partiti per la Germania Occidentale, con l’assistenza dell’Ufficio Provinciale del Lavoro, circa 500 operai viterbesi, prevalentemente provenienti da Tuscania, Soriano, Vallerano, Vignanello. Del gruppo che abbiamo salutato alla stazione di P.F. (Porta Fiorentina a Viterbo), facevano parte Nello Cerquitelli, Innocenzo Fiorentini, Osvaldo Martelli, Angelo Nicolamme, Domenico Stella, Bruno Venturini, Remo Fanella, Enrico Solera, Ernesto De Carolis, Antonio Orlandi, Umberto Proietti, Filippo Tizi, Aldo Di Paolantonio, Giovanni Roncarelli e altri: i più hanno dai 22 ai 30 anni, ma non manca qualcuno meno giovane; pochi sono celibi; gli sposati hanno da uno a tre figli. Abbiamo scritto i loro nomi non solo per aderire ad un loro desiderio, ma anche per rinnovare l’affettuoso saluto della loro terra, per far sentire loro che chi è rimasto li ricorda con simpatia. Infatti questi emigranti non sono davvero partiti in piena allegria; i loro sentimenti sono ben espressi da questa ingenua cantilena che ci ha lasciato uno di loro, Vincenzo Nardi: “…Ti lascio, Italia bella – ti lascio con grande rancore – tu che sei di tutti – la madre del sole…So’ italiano che all’estero va – a trovare lavoro e chissà se tornerà! – Mentre il treno parte ho un po’ di nostalgia – penso alla città natale, alla casa mia – Ho qui tanti ricordi e qualche fotografia – l’unica consolazione è la famiglia mia…”. L’emigrazione di operai generici del Viterbese verso la Germania è stata di 60 unità nel 1959 e di 800 nel 1960; quest’anno dovrebbe aumentare considerevolmente. Essa si svolge attraverso gli Uffici Comunali di Collocamento e l’Ufficio Provinciale del Lavoro e della Massima Occupazione, il cui direttore dott. Sergio Colletta, dirige personalmente il servizio, preoccupandosi che le cose procedano nel modo migliore possibile. I nostri lavoratori hanno lo stesso trattamento di quelli tedeschi nel campo assistenziale e previdenziale; in particolare, fruiscono di indennità di disoccupazione, di assegni familiari, di ferie pagate, ecc. Un carpentiere può arrivare a guadagnare 100 mila lire al mese, in quanto il salario oscilla tra le 3.500 e le 4.000 lire a giornata lavorativa. Gli aspiranti all’espatrio presentano domanda agli uffici sopra indicati e sono poi sottoposti a visita medica; l’Ufficio del Lavoro pensa al passaporto e alle altre pratiche, fino al contratto nominativo per ogni singolo emigrante. I settori di impegno più comuni sono quelli dell’edilizia, dell’armamento ferroviario, ecc.; i familiari, se lo desiderano, possono raggiungere i lavoratori dopo un primo periodo di ambientamento. I viterbesi sono già stimati in Germania e c’è un industriale tessile di Nuertingen (Stoccarda) che preferisce impiegare solo manodopera della nostra provincia tanto che, negli ultimi tre anni, ha assunto da noi una sessantina di operai ed operaie (in generale piccoli nuclei familiari come moglie e marito, fratello e sorella, ecc.). Il sig. Schmidt (questo è il suo nome) acquista nel Viterbese pasta, vino, formaggio, ecc. in modo da venire incontro ai desideri dei suoi dipendenti e far loro sentire meno la lontananza dalla patria. In generale fanno domanda per emigrare disoccupati e sottoccupati: la permanenza in Germania è per la maggioranza stagionale e solo per una minoranza diviene stabile. Come si vede, da questi brevi cenni, il Viterbese rivela anche in questo campo le sue caratteristiche di zona depressa, rivivendo le esperienze delle regioni più povere negli ultimi decenni del secolo scorso e nei primi di quello attuale. Le campagne ed i centri abitati minori si spopolano, le classi più vigorose lasciano il loro paese dapprima stagionalmente e poi stabilmente, l’emigrazione fornisce valuta straniera non solo direttamente (con le rimesse alle famiglie), ma anche indirettamente con la esportazione di prodotti tipici. Certo, sarebbe augurabile che la Provincia di Viterbo riuscisse a dare un reddito sufficiente a tutti i suoi cittadini, anche in considerazione del fatto che da noi la densità di popolazione è scarsa (la metà di quella dell’intera Repubblica), ma, dato che ciò non sembra possibile, si cerchi di affrontare virilmente la questione, affiancando all’eccellente assistenza burocratica dell’Ufficio Provinciale del Lavoro un’affettuosa solidarietà specialmente verso i familiari dei partenti (è più difficile, ma è estremamente necessaria) ed una politica di ampia qualificazione professionale che consenta agli emigranti di ricavare dal loro sacrificio il maggiore profitto economico con l’occupare posti di responsabilità e quindi di più alti salari.

Luciano Costantini

*Luciano Costantini, giornalista professionista, ha lavorato in qualità di vice capo servizio presso la redazione centrale de Il Messaggero, occupandosi di sindacato ed economia. Rientrato a Viterbo, firma in qualità di direttore editoriale la testata TusciaUp. La sua grande passione per la storia è raccolta in tre libri: Il giorno che accecai il Duce, Fuori le donne dal palazzo dei Priori, l’ultimo pubblicato“O Dio con Noi o tutti in cenere”, tutti editi da Sette Città.  Echi di cronaca del secondo dopoguerra è la rubrica periodica su questa testata, in cui racconta aneddoti e fatti di quel periodo storico riportati proprio dal quotidiano romano in cui ha vissuto il suo cammino professionale.

Documentazione tratta dalla ricerca d’archivio presso la Biblioteca di Viterbo.

 

 

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