RACCONTI BREVI/Logiche conseguenze

FOTO BY MEGAN NANNA

Sentì il padre uscire di casa. Sbatté la porta. Dopo un po’ la madre andò nella sua stanza: “Non vai in fabbrica stamattina?”. Aveva una voce strana: “No ma’, non mi sento bene, mal di testa. Resto a casa”, disse a pancia in sotto sul letto. Continuò a guardarlo, ma era come se in testa avesse tutt’altro pensiero. Lei iniziò a prepararsi per andare al lavoro, lui nella stanza aspettava solo che se ne andasse per mettersi sul divano. La sentì tirare lo sciacquone. Non ce la faceva più ad aspettare così sprofondò sul divano in salotto. Accese la televisione a tutto volume. Prima però, uscito dalla camera gli pareva di aver visto un pacchetto di sigarette della madre sul tavolo della cucina insieme ad un libro di Margaret Atwood, alzò controvoglia il culo dal divano, ne prese un paio dal pacchetto e le mise nella credenza, tornò a guardare la tv a tutto volume.

La madre affacciatasi dal bagno nel vederlo lì non disse nulla, si aggiustò i capelli davanti allo specchio poi lavò qualche stoviglia usata per la colazione: “Sono in ritardo, ci vediamo domani che ho il doppio turno. Se continui a stare male prenditi qualcosa, ma devi mangiare prima sennò ti buchi lo stomaco. Magari staremo tutti un po’ meglio domani”. Arrivata sulla porta girò la maniglia e si fermò per qualche secondo come se dovesse aggiungere qualcosa. La sua divisa era una polo a maniche corte bianca, pantaloni marrone scuro, e la chiamava proprio così, la sua divisa. Quella che la teneva occupata quasi tutta la settimana fra i tavoli di una tavola calda. Abbassò il volume e rimase in ascolto del motore della macchina uscire dal garage finché non diventò lontano. Si alzò, prese una sigaretta dalla credenza e la fumò buttando gli occhi in strada dalla finestra. Saltando da un canale all’altro ne trovò uno sulle infermiere, decise di spararsi una sega con gli occhi socchiusi che ne puntavano una di mezza età coi capelli rossastri. Finito il programma andò a lavarsi le mani e spense la televisione. Bevve un po’ di latte direttamente dal cartone, una di quelle abitudini che un genitore non basta a toglierti. Vide il libro e iniziò a sfogliarlo, diede un altro sorso ma nel posare il cartone sul tavolo un po’ di latte precipitò dal becuccio su una pagina finendo per macchiarne un bell’angolo. Lo tolse e lo appoggiò sulla stufa a legna che la madre visto il poco tempo che impiegava a raggiungere un’alta temperatura a volte usava per cuocere.

Rimase al centro del salotto grattandosi la testa, un prurito virale, passò a torturarsi un braccio poi salì con le unghie sul petto, si ritrovò coperto di segni e ferite lievi. Si diresse nella stanza dei suoi rovistando nei cassetti e negli armadi, senza cercare per forza qualcosa di preciso. Aveva già trovato una volta una scatola di preservativi. Sotto una pila di maglioni scovò un tubetto di Vasellina. Cercò di studiarne l’etichetta ma l’unica scritta leggibile era ” Vasellina al 96% ”; il restante 4 pensò finisse in prodotti per la conservazione o stronzate simili. L’etichetta sul retro invece “consigliato per l’infanzia “, lo catapultò nella connessione tra infanzia e quello che quei due facevano a letto. Controllò il barattolo dei risparmi di sua madre incastrato in un armadio. C’erano troppi pochi soldi per rubare senza essere scoperto. Fece per aprire e venne investito da scie di fumo sempre più scure intanto che avanzava. La cenere del libro svolazzava per l’appartamento. La stufa gli sembrò il fusto vuoto usato per regalare calore a mani e corpi randagi. Doveva fare qualcosa, si guardò intorno ma il bisogno di interrompere quel piccolo incidente venne sostituito dalla preoccupazione venutagli non appena si accorse di aver lasciato una macchia di sperma sul divano.

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