Visto da noi: Santiago, il docufilm di Nanni Moretti una lezione rievocata

di Nicole Chiassarini

Santiago, Italia è un documentario di Nanni Moretti del 2018 presentato per la prima volta alla 36esima edizione del Torino Film Fest e arrivato nelle nostre sale il 6 dicembre con Academy Two. Tre anni dopo il film Mia Madre, il regista ci ha regalato una splendida pellicola che racconta l’importante ruolo dell’Italia nel 1973 durante il golpe cileno che fece cadere il governo di Salvador Allende e diede vita alla dittatura di Augusto Pinochet. Ha vinto un premio al recente  David di Donatello. Noi di TusciaUp lo abbiamo visto e vi raccontiamo le nostre impressioni.

Ci sono diversi modi per fare un film su quella che è l’Italia di oggi. Un film che parli di politica, di questioni sociali, di temi attuali come l’accoglienza, l’inclusione sociale, la tolleranza e anche il razzismo. Ma, forse, Moretti ha trovato la via migliore con questo documentario che parla del nostro Paese oggi, ma partendo dal Cile di 46 anni fa. Vuole ricordare un altro 11 settembre, meno conosciuto rispetto a quello del 2001, ma che piegò duramente lo stato cileno per ben 17 anni e che recise il processo democratico del Paese sudamericano. Realizzato a partire da immagini d’archivio e di testimonianze, Santiago, Italia descrive la storia di un golpe diventato testimonianza di accoglienza, dove l’ambasciata italiana ha ricoperto un ruolo fondamentale dando asilo a tanti rifugiati politici e facendo da ponte per accoglierli nello Stivale, dove le istituzioni e i cittadini hanno fatto di tutto per far sentire quelle persone di nuovo a casa.

Vediamo il dolore di un popolo che vede sparire atrocemente tutti i sogni democratici raccogliendo le testimonianze di chi ha vissuto tutti quegli orrori e quella violenza inaudita. Moretti lo fa affidando ai suoi interlocutori il compito di ricordare la solidarietà e l’accoglienza che l’Italia seppe donargli. Le testimonianze degli italiani sono poche, ci sono le dichiarazioni di due diplomatici in carriera all’ambasciata, Piero De Masi e Roberto Toscano, che ebbero un ruolo decisivo nella storia. Il resto del racconto avviene attraverso le parole dei cileni, il regista vuole che a parlare di noi siano gli altri, gli stranieri, i migranti, vuole che dell’Italia di ieri e di oggi emerga un punto di vista esterno, qualcosa che sicuramente non siamo abituati ad ascoltare e che probabilmente nessuno ha mai voluto raccontarci. Il ritratto finale è quello di un Paese aperto, curioso e solidale, pronto ad accogliere e farsi carico della vita di rifugiati stranieri con prontezza nonostante le difficoltà che stava a sua volta affrontando. Nella storia che ci viene raccontata sono determinanti le questioni ideologiche e politiche ed è altrettanto innegabile che tutto abbia una connotazione fortemente di sinistra.

Come sempre Moretti ci propone una pellicola emozionante, data anche dalla presenza dell’autore all’interno della sua opera che le conferisce carattere. Lo troviamo già nel primo fotogramma, ripreso alle spalle mentre osserva la vastità urbana di Santiago del Cile. Ricomparirà per manifestare a un ex militare golpista il suo vero pensiero nella ricostruzione della vicenda dicendo più volte “io non sono imparziale”, perché non lo è il cinema e perché ci sono storie, situazioni, racconti su cui non si può e non si deve esserlo. Mentre più spesso lo si sentirà come voce fuoricampo domandare, insistere o dubitare. Si può ben dire che ogni film che inizia con un’inquadratura di Moretti è sicuramente un buon film.

Santiago, Italia nasce soprattutto dalla voglia di raccontare quella bella storia italiana. Il Cile per quelli della mia generazione è stato molto importante – ha dichiarato Nanni Moretti –. L’esperimento democratico di Allende: per la prima volta la sinistra andava al governo con il voto, non con le armi. Mi chiedevo, perché ci tengo così tanto a voler raccontare questa storia di accoglienza, questa bella figura italiana che abbiamo fatto? Perché appunto, purtroppo, oggi un gran pezzo della società italiana va in direzione contraria ai sentimenti dell’accoglienza, della solidarietà, della curiosità verso gli altri”.

Per noi di TusciaUp Santiago, Italia è un docufilm da vedere assolutamente,una lezione di storia rievocata anche solo per ricordarci che l’accoglienza è possibile e intrinseca nella nostra cultura, ma soprattutto per comprendere che incorporare una cultura diversa non significa perdere la nostra identità. Il cinema serve a far riflettere.

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