Sabato 9 novembre alle ore 21.00 va in scena al Teatro San Leonardo di Viterbo “Itaca per sempre”, adattamento teatrale dell’omonimo romanzo di Luigi Malerba a cura di Alessandra Pizzi. A vestire i panni di Ulisse è Enrico Lo Verso, mentre Penelope è interpretata da Paola Quattrini, affiancati dal pianista e compositore Mirko Lodedo.
Lo spettacolo ribalta l’immagine eroica dell’Odisseo tradizionale, trasformandolo in un uomo segnato dal tempo e dalle battaglie, che torna a casa stanco e fragile. Altro grande protagonista è il punto di vista femminile: la donna scaltra al pari del marito, riconosce subito lo sposo, ma finge di ignorare chi lui sia.
Sulla scia dei ripensamenti operati da Malerba sul modello omerico, l’intervista fatta a Lo Verso ci ricorda quanto viaggiare nei miti e negli archetipi sia per sempre.
Lo spettacolo “Itaca per sempre” consolida un lungo sodalizio artistico tra lei e la registra teatrale Alessandra Pizzi. Qual è il segreto di un legame così longevo?
Con Alessandra facciamo un teatro diverso e libero, animato da una continua ricerca di un rapporto sempre nuovo con il pubblico. Penso per esempio a quello che accade con l’adattamento teatrale di “Uno nessuno e centomila”: pur essendo in tournée da otto anni a ogni messa in scena c’è sempre qualcosa in evoluzione.
Recitare per il cinema, invece, significa rinunciare al rapporto diretto con il pubblico?
Non è esattamente così. Anche quando si gira un film c’è sempre un pubblico diretto, fatto di addetti ai lavori. Un attore non è mai solo sulla scena. Ciò che mi piace del teatro è incontrare le persone dopo lo spettacolo, avere con loro uno scambio reale.
Parliamo della sua Itaca. Quali sono i luoghi in cui si riconosce, quelli in cui farà sempre ritorno?
Appartengo alla Magna Grecia, a Siracusa in particolare. Qui ho passato la mia adolescenza. La mia scuola era a due passi da un tempio greco.
Interpretare Ulisse equivale a confrontarsi con un personaggio archetipo. Come ci si prepara?
In qualche modo Ulisse mi appartiene. Mi hanno sempre detto di somigliarli fisicamente. Anni fa feci una foto per il calendario Pirelli in cui mi ritraevano accanto a un tempio greco. Mi chiesero quanto ci fosse voluto per fare lo scatto. Circa tremila anni, risposi scherzando.
C’è qualcosa dell’Ulisse che porta in scena che l’ha particolarmente colpita?
Il tema della paternità mancata. Ulisse torna sfinito e si sente estraneo tra le mura di casa, ha di fronte un figlio che di fatto non conosce.
Ulisse è un personaggio polisemico. Per lei cosa rappresenta l’uomo, per antonomasia, dall’agile mente?
La caparbietà e la determinazione che lo portano a trovare la chiave dell’azione nonostante tutto. Si ha l’impressione che espugni Troia suo malgrado, perché bisogna porre fine alla guerra.
Dante infatti lo mette all’Inferno, tra i consiglieri fraudolenti, per aver utilizzato in modo spregiudicato la sua intelligenza.
L’ingegno di Ulisse è però sempre teso alla risoluzione. È l’uomo che salva i compagni e affronta le sirene, che si fa chiamare Nessuno.
In questi giorni l’uscita nelle sale di “Parthenope” di Paolo Sorrentino ci ricorda quanto la mitologia sia una fonte inesauribile di storie.
Sono d’accordo. Portando in scena da anni le Metamorfosi di Ovidio mi rendo conto di quanto nei miti ci sia tutto, purtroppo.
Perché purtroppo?
Perché i miti parlano di incesti, di guerre, di stupri, tutti temi che continuano a sopravvivere. Tra le tante storie di Ovidio mi colpisce quella di Aracne, l’abile tessitrice trasformata in ragno da Minerva per aver raccontato le malefatte degli dei. Se ci pensiamo bene, Anna Politkovskaja, Pippa Fava e tutti quei giornalisti che hanno pagato con la vita per aver denunciato i potenti non sono come Aracne?
Si ringrazia Mirko La Rocca, studente della 3D ITT Midossi, per la preziosa collaborazione