Tuscia in pillole. Viterbo sparita

di Vincenzo Ceniti*

L’ANGELO
A Viterbo in piazza delle Erbe è stato attivo fino a pochi decenni fa un albergo storico, l’Antico Angelo (già Grande Locanda dell’Angelo e Grand Hotel de l’Ange), le cui origini risalivano addirittura alla fine del Settecento. Fino agli anni Settanta vi sostavano, di fronte, le carrozzelle per il trasporto dei clienti alla stazione o nelle periferie della città. Nell’Ottocento l’albergo venne ristrutturato più volte. Il suo palmares, di tutto rispetto, parla di ospiti regali e d’onore come la regina d’Inghilterra (1816 Carolina Amelia Elisabetta), la famiglia del principe Esterhazy, il duca Paladino di Sassonia, il principe ereditario di Baviera, Ferdinando I re di Napoli con la moglie (1821), Vittorio Emanuele III (1925) ed altri. A cavallo tra il Cinquanta e il Sessanta era gestito dalla signora Iole Morini con la classifica di albergo di terza categoria poiché gli mancavano alcuni requisiti di base, come una hall a piano terra. Alcune camere erano dotate di bagno, altre di lavabo, altre ancora disponevano di toilette comuni. Il sottostante ristorante era gestito in quegli anni da Gervasio Morini (fratello di Iole) che era considerato tra i più accreditati nella Viterbo di allora. Disponeva di un paio di sale confortevoli per i “passanti” e gli stessi viterbesi. La più grande nel 1952 fece da sfondo ad una scena del film “I Vitelloni” di Federico Fellini. Per matrimoni e banchetti veniva utilizzato il salone al piano superiore. Gervasio, un faccione rotondo con folte sopracciglia, un po’ calvo e grandi occhi inclini alla furbizia (lo ricordo così), si era costruito per i clienti un sorriso virtuale di circostanza, capace tuttavia di rari lampi di spontaneità. Aveva la dote innata, peraltro comune a molti altri ristoratori, di far mangiare quello che voleva lui. Se il cliente ordinava dell’altro, ammoniva con aria afflitta “ma ci vuole tempo” e tutto si risolveva a suo favore. Tra i vari camerieri, ne ricordo uno dal volto triste, silenzioso, con la fronte sempre imperlata di sudore e i piedi piatti. Restano famosi i risotti alla Gervasio, gli spaghetti a “cacio e pepe” (una sua specialità), le fettuccine, i minestroni alla viterbese, il brodo di cappelletti, il bollito con le carote viterbesi, l’agnello alla cacciatora.. Aveva il “bernoccolo” del ristoratore, se è vero che faceva girare sui tavoli un folder con scritto “Gervasio, proprietario e direttore del ristorante ‘Antico Angelo’ desidera far conoscere ed apprezzare la buona e genuina cucina viterbese. Se c’è riuscito vi prego di dirlo ai vostri amici, affinché possano conoscerla; se non ci fosse riuscito vi prego di dirlo a lui perché possa migliorarla. Grazie e buon appetito”.

 

DE FALCHI E LAURI VOLPI
Oltre a Fausto Ricci, Viterbo ha dato i natali anche ad un altro baritono di classe, Raffaele De Falchi. (1910-1978) che debuttò alla Scala a soli 23 anni nel 1933 nell’Orfeo di Monteverdi. Si esibì nei principali teatri italiani ed anche all’estero (Albania, Portogallo, Argentina, Brasile). Molto amato dai suoi concittadini del tempo, concluse la sua carriera nel 1960 nell’anno delle Olimpiadi di Roma in una spettacolare Aida alle Terme di Caracalla. Nel 1938 al teatro Unione di Viterbo prese parte al cast della Bohème. Ancora a Viterbo nel 1954 in Rigoletto, la sua opera preferita. Per Mascagni era uno dei migliori “Alfio” della storia. I suoi compagni di palcoscenico sono stati, tra i tanti, Beniamino Gigli, Mario del Monaco, Maria Caniglia, Maria Callas, Renata Tebaldi, Rosetta Pampanini, Giacomo Lauri-Volpi.e molti altri accora. A proposito di Giacomo Lauri-Volpi, va ricordato che il teatro dell’Unione di Viterbo è stato il suo fonte battesimale il 2 settembre 1919 nelle vesti di Arturo nei Puritani di Bellini di cui erano previste quattro repliche. In una sua autobiografia si legge che il compenso fu di cento lire a recita. Soggiornò a Viterbo per preparare l’opera nella seconda quindicina di agosto di quell’anno. Non si sa dove alloggiasse, ma di certo frequentò il ristorante della “Grande locanda dell’Angelo” in piazza delle Erbe. Era tanta la paura di un fiasco che si presentò sui manifesti e alla stampa con un altro nome, Giacomo Rubini, anche per non compromettere l’esito del programmato e successivo impegno al Costanzi di Roma in Manon di Massenet. Precauzione di cui Lauri-Volpi poteva anche fare a meno, tanto fu il successo che gli tributarono i viterbesi. Dopo quel trionfale debutto uscì subito allo scoperto e a testa alta, recuperando il suo vero nome nelle quattro serate del Rigoletto in cartellone dopo i Puritani. Lauri-Volpi era di Lanuvio un paese dei Castelli Romani, ma Viterbo ha decretato il suo primo successo che lo porterà poi nei teatri di tutto il mondo. Concluderà la sua carriera al Costanzi di Roma con il Trovatore nel 1959. Morì in Spagna nel 1979. Va ricordato che Lauri-Volpi fece coppia con Raffaele De Falchi nel 1952 all’Opera di Roma nella Fanciulla del West di Puccini. Minni era Maria Caniglia.

Il baritono Raffaele De Falchi in Albania nel 1941, con il soprano Rosetta Pampanini e il tenore Gustavo Gallo

 

IL BORDELLETTO DEL COMUNE
Nel Trecento il Comune di Viterbo era proprietario di un bordelletto dietro il palazzo del Podestà (nell’attuale vicolo dei Magazzini) la cui gestione era affidata ad una donna di fiducia detta la “Badessa”. Regolamento da rispettare: niente liti e urla, nniente prestazioni nei giorni di Pasqua (soprattutto il Venerdì Santo), totale obbedienza ai controlli medici ed altro.
Tentò di porvi rimedio il magnanimo mastro Fardo di Ugolino che da uomo timorato di Dio fece anche costruire nei pressi del postribolo a proprie spese un piccolo ospitale (l’attuale chiesa di Santa Maria della Salute) per la redenzione e la cura delle giovani prostitute che non venne però mai frequentato. Preferivano il bordelletto comunale.
Leggo da qualche parte che alla fine dell’Ottocento le autorità comunali, ben più concretamente, attrezzarono in città un dispensario anticeltico provvisto di regole severe per la profilassi delle malattie veneree. Leggo anche di alcune disposizioni che rendevano obbligatoria in quegli anni l’iscrizione delle prostitute in registri tenuti dalle autorità di P.S.

 

Nella foto cover, Viterbo piazza delle Erbe con l’albergo Antico Angelo

 

L’Autore* 

Console di Viterbo del Touring Club Italiano. Direttore per oltre trent’anni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (poi Apt). È autore di varie monografie sul turismo e di articoli per riviste e quotidiani. Collabora con organismi e associazioni per iniziative promo-culturali. Un grande conoscitore della Tuscia.

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