Tuscia in pillole. Il Capanno

di Vincenzo Ceniti*

Riuscite a immaginare il lido di Tarquinia nel 1947? Soltanto pochi capanni, come in queste foto formato cimelio. Una cabina di legno con porta e serratura, dove si lasciavano i vestiti, l’ombrellone, le sdraie, il salvagente (spesso una camera d’aria di vecchie auto), qualche arnese di lavoro, semmai la canna da pesca e poco altro, preceduta da una veranda di canne e stuoie con  tavolo e panche. Il capanno apparteneva di solito ad una o due famiglie del paese che lo utilizzavano a turno durante l’estate. Tutt’intorno si apriva la campagna maremmana brulla e assolata, percorsa da tomboli ricoperti di vegetazione mediterranea dove ci si appartava per i bisogni più immediati. In alternativa ci si rifugiava nelle casematte che si trovavano intorno ai ruderi del porto Clementino nel versante sud verso le Saline. Erano fortini di cemento, residuati bellici a forma circolare con le feritoie per appoggiarvi il fucile. 

Fino al 1948 il posto era completamente privo di servizi. Solo una fontanella per sciacquarsi dopo il bagno a mare e per pulire i piatti dopo averli strofinati con la sabbia. Il pranzo si preparava  di buon mattino a casa prima di prendere il bus, la moto o l’automobile (anche la bicicletta). Nei  bacili avvolti da una tovaglia covavano fettuccine, zuppe di patate, fettine fritte panate, frittate, insalate, pomodori,  polpette e via mangiando. L’acqua da bere si portava in fiaschi e bottiglioni.

In quell’anno alcuni imprenditori del posto costruirono il ristorante Nuova Gravisca a pochi passi dalla riva, che venne inizialmente preso in gestione dalla famiglia Giudizi guidata dal sor Giulio, ben noto  per l’omonimo ristorante a Tarquinia. Dava anche piatti ad asporto prelevati da una porticina di servizio retrostante la cucina.  Di solito zuppa di pesce, spaghetti alle vongole e fritture.  Quanto bastava per inondare la zona di profumi irripetibili.

L’abbigliamento marinaro per gli uomini era composto da un costume di lana che col  bagno si imbeveva d’acqua e tendeva a calare. Per le donne più giovani il costume era rigorosamente intero con una vestina nel basso ventre.  Ma non mancavano i primi arditi due pezzi anche se con l’ombelico coperto. Le più stagionate restavano vestite fino al momento del bagno. Poi si mettevano addosso costumi tipo calzoncini. Per l’abbronzatura si faceva ricorso all’olio extravergine di oliva miscelato con succo di limone. Una benedizione!

 

Con gli inizi del Sessanta, i capanni vennero via via sostituiti dai primi stabilimenti balneari dotati di cabine e bar. Il Miramare aveva anche un ventina di camere per la pensione completa. Si andava intanto diffondendo la mania del mattone e di costruire villette  residenziali, le cosiddette seconde case, approfittando anche di incentivi e crediti agevolati.

 

In quei primi anni del dopoguerra, il passatempo preferito erano le passeggiate verso il porto Clementino (solitamente immerso dalle alghe) dove si trovava la cabina-salvataggio dell’unico bagnino (Tonino, con baffi neri, denti bianchissimi sporgenti, pelle grinza bruciata dal sole e un cappello da marinaio), o verso la foce del Marta per un bagno in acqua dolce. Nell’estate del 1954 alle Saline il regista Duilio Coletti girava alcuni esterni del film “Divisione Folgore” con Lea Padovani ed Ettore Manni. Le dune sabbiose dovevano simulare un percorso minato su cui passavano i carri armati nemici.

 

Da Viterbo si raggiungeva il Lido di Tarquinia con le corse straordinarie estive dei bus della “Igino Garbini & C.i” in partenza da piazza del Plebiscito davanti all’ufficio dell’allora Ente del Turismo. Percorso non proprio agevole, anche perché il tratto Vetralla-Monte Romano non era ancora asfaltato. Bus anche da Tuscania, Canino e Blera. Non mancava l’occasione per restare a dormire nel capanno dopo una cena con gli amici sulla spiaggia per ammirare il tramonto. In tal caso, la mattina di buon ora si poteva assistere al ritorno delle barche dei pescatori che lasciavano sulla spiaggia provvidenziali scorte di ricci da gustare lì per lì col  limone.   

 

Nelle foto, i capanni di Tarquinia Lido e il ristorante Nuova Gravisca.

 

 

L’autore*

Console di Viterbo del Touring Club Italiano. Direttore per oltre trent’anni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (poi Apt). È autore di varie monografie sul turismo e di articoli per riviste e quotidiani. Collabora con organismi e associazioni per iniziative promo-culturali. Un grande conoscitore della Tuscia.

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