TFF: Mastandrea presenta “Ride”, film d’ impegno civile che emoziona l’arena

di Nicole Chiassarini

Una piazza gremita al sesto appuntamento del TFF per Valerio Mastandrea, intervistato da Dario Zonta, che ha presentato il suo film d’esordio, vincitore ai Nastri D’Argento e candidato ai David di Donatello: “Ride”. il film che ha portato a debutto alla regia di Mastandrea, è il racconto della vita dopo, dedicato a chi resta .Una pellicola singolare, che svolge in maniera altrettanto peculiare la dialettica del dolore. Un dolore che sarà la condizione incessante della sopravvivenza della protagonista. Per la prima volta al Tuscia Film Fest, ma non la prima a Viterbo, Mastandrea ha raccontato della sua esperienza da ragazzo, quando giocava a pallacanestro e alloggiava con altre dieci squadre nazionali presso la caserma dell’esercito. “Credo che questa parte della mia infanzia non diventerà mai un film, ma sicuramente quello di stasera ha una spinta molto personale. Ho voluto utilizzare il cinema anche per scopi personali, il nostro lavoro è una grandissima arma contro gli urti della vita, come le perdite o le separazioni. È un lavoro che permette di entrare in contatto con le cose, ricostruendo storie, inventando personaggi, non per forza in maniera drammatica, ma anche attraverso i registri del cinema come l’ironia o l’assurdo. Io sono fortunato, faccio un lavoro che mi permette di entrare in contatto con le cose che mi circondano e ci posso giocare, sdrammatizzare”.

Il film “Ride” non è di fatto la prima esperienza dietro una macchina da presa, infatti Mastrandrea è stato già regista di un cortometraggio: “Trevirgolaottantasette” la cui tematica si riallaccia a quella del film, ossia il lavoro e le morti bianche. Ma la protagonista della serata è una storia che il regista avrebbe voluto vedere, non recitare. Un incessante desiderio di raccontare un pensiero, un’esperienza per poi vederlo realizzato sul grande schermo, lo stesso nel quale l’attore è cresciuto. “Ammetto che poi la protagonista ha lo stesso modo di stare in scena di personaggi interpretati da me, ha delle caratteristiche in comune. Questo è un film con tante tematiche, forse anche troppe. Ma solitamente in un’opera prima uno cerca sempre di mettere tante cose, con il risultato di essere stucchevoli. Però si perdona tutto ai primi film. Però tra le tante tematiche, la centrale è quanto oggi siamo liberi di vivere le nostre emozioni”. In una società sempre più dominata dalle apparenze, è sempre più difficile rientrare in possesso delle proprie emozioni, quando gioia e dolore sono tutti suggeriti, che sono la cosa principale che un uomo deve poter vivere liberamente. “Il film parla proprio di questo: non una semplice elaborazione del lutto, bensì un riappropriarsi del proprio dolore, ormai diventato pubblico, collettivo. In questo caso perché nasce da una tragedia collettiva, in un piccolo comune. È proprio questa la croce che porta la protagonista. Io di personaggi così ne ho fatti tanti, che sembrano subire quello che succede, ma in realtà macinano un momento in cui infilarsi e rivendicare la propria esistenza”.

Un’occasione di crescita per Valerio Mastandrea, che con questa esperienza ha potuto assaporare il vero ruolo del regista, con le sue responsabilità e le sue ansie. Un’esperienza che ha condiviso con il pubblico del Tuscia Film Fest, divertito e incuriosito. “È stato difficile gestire gli attori all’inizio. Non so perché pensavo avrebbero recitato come ho fatto io, ma ovviamente non era così. Adesso apprezzo più il mio lavoro da attore, per venticinque anni ho fatto il mestiere più libero del mondo. Soprattutto adesso capisco i registi, le loro responsabilità. Nei film successivi, da attore, non mi sono lamentato più”:

“Ride” è un bel film, che riesce a lasciare qualcosa dopo la sua proiezioni, riflessioni, pensieri.  Valerio Mastandrea tocca un tema importante, all’ordine del giorno e lo fa con un tocco molto personale e ironico, vicino al modo di essere del regista. Il lungometraggio è stato successivamente proiettato al pubblico e ha saputo generare le emozioni giuste, raccontando quella storia di dolore inespresso e ricercato che da subito desta curiosità.

 

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