Noemi Santucci: la nostalgia dello sport e il sogno di essere una personal trainer

di Giulia Benedetti

Se dovessimo descrivere Noemi Santucci con un solo termine, “entusiasmo” sarebbe quello più azzeccato. Lei vive e nasce in terra d’Etruria e delle scienze motorie ha deciso di fare un percorso di specializzazione che la condurrà verso una professione, che prima di tutto vive come scelta di vita. Stiamo parlando del personal trainer. Progetti ben definiti, che poi la pandemia ha frenato, ma non scoraggiato.
Noemi aspetta diligentemente la riapertura di palestre e attività sportive, coltivando la sua formazione e seguendo a distanza la rosa di clienti, fiduciosa e pronta per ripartire.

Abbiamo scelto questa giovane poco più che ventenne, grande amante del fitness, il cui progetto è fortemente toccato dal Covid-19 per parlare di disciplina sportiva, di palestra e per rappresentare un ambiente fortemente vissuto dai giovani.
Proviamo a ripercorrerne vicende, stati d’animo, cominciando dalle basi.

La scelta di essere un personal trainer: cosa l’ha attratta di questa professione?

Prima di tutto il benessere del fitness e il benessere dell’universo femminile. Noi donne, spesso e volentieri, siamo particolarmente sensibili quando si parla del nostro fisico e, per molte di noi, il piacersi diventa un obbiettivo fondamentale per aumentare il nostro benessere. Una delle soddisfazioni di questo lavoro è proprio quella di contribuire a far star bene le persone, internamente ed esternamente.

La palestra come elemento di formazione, di allenamento, di benessere. Poi, con il Dpcm del 16 gennaio, è arrivata la chiusura delle palestre. Come vive tutto questo?
In questo momento, in verità, ho i miei alti e bassi. A volte ci provo, inizio a riprendere delle lezioni all’aperto, poi però c’è maltempo, o un’allieva va in isolamento e diventa tutto molto più complicato e stabilizzante. Ci vogliono tanta motivazione e, soprattutto, passione, perché alla fine è quella che ti sprona a proseguire.

Sarebbe favorevole che si autorizzassero almeno le lezioni individuali?
Assolutamente sì! Anche perché non è solo una questione estetica, le persone non vanno in palestra solo per guardarsi allo specchio, ma ci vanno innanzitutto per la loro salute: alleviare lo stress e l’ansia, attenuare piccoli dolori legati alla postura. Fare esercizi a casa non è la stessa cosa, anche perché molti, io in primis, sono pigri e hanno bisogno di essere guidati e motivati da qualcuno o da un gruppo. Anche la semplice chiacchierata che si fa con l’insegnante, il socializzare, rende tutto più stimolante.

Attività sportiva all’aperto, in solitaria e nel proprio Comune. Cosa le sembra?
Perfetto. In ogni modo, se è possibile praticarlo, naturalmente con le giuste distanze. È un ottimo inizio, anche perché stanno arrivando le belle giornate, si respira aria fresca, ci sono molte più ore di luce. Fare sport in questo contesto è sicuramente meglio di nulla.

Il mondo dei personal trainer è sempre stato un mondo principalmente maschile, soprattutto in Italia. Il sesso “forte” ancora tiene testa?
Penso che quella del personal trainer sia una figura molto rivisitata. In questo momento molte donne si stanno specializzando in questo settore e, a mio avviso, con riscontri positivi soprattutto da parte del mondo femminile. Sono dei veri e propri riferimenti per le altre. Un po’ per solidarietà femminile, un po’ perché ci si sente comprese: si condividono molte preoccupazioni, vissuti, culture e priorità, come può essere quella per la cura del corpo.

Il fatto di essere donna in questo settore, che significato ha per lei?
Saremo pure una società avanzata per certi aspetti, ma essere femmina non è mai facile in qualsiasi lavoro. Io, personalmente, non avverto molto questa differenza tra uomo e donna nel mondo dei personal trainer.

Cosa sta cambiando in questo ambito, secondo lei?

Sta cambiando perché molti professionisti si stanno adattando allo smartworking e al mondo dell’online. Si fanno molti allenamenti grazie alle piattaforme Zoom, Google Meet o tramite videochiamate. È un settore che si sta rivoluzionando, sfruttando la tecnologia. Questo può spaventare, a tratti, ma d’altra parte può creare nuove opportunità, come spesso accade ovunque.

Come si è organizzata in questa fase di attesa?

Diciamo che in questa fase mi sono più focalizzata su me stessa. Ho lasciato andare un po’ il lavoro a causa delle chiusure, non avendo nessun contratto o garanzia, ho organizzato qualche lezione in amichevole all’aperto e mi sono concentrata molto sulla formazione e lo studio. Le persone che seguivo purtroppo non stanno vivendo benissimo questa situazione, contattandomi spesso per dei consigli. Nei limiti del possibile, rimango loro vicina, anche tramite i social.

Come immagina il suo futuro? Lo pensa realizzato nella sua città o sogna di andarsene? Magari un’esperienza all’estero?
Sogno anche di andarmene: mi piace l’idea di viaggiare e andare alla scoperta di posti nuovi. Diciamo che sono uno spirito libero.

«Il mondo si è fermato, la voglia di sport no. E forse è proprio questa la strada giusta per ripartire: seguendo e vivendo le proprie passioni». Lo a dichiarato Stefano Viganò di Garmin Italia pienamente condiviso da Noemi Santucci,

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