“Narratori di comunità”: chiuso con successo il terzo modulo

Venerdì pomeriggio, nell’ormai consueta cornice dell’aula blu di Agraria al Riello, avvincente lezione della storica dell’arte e del restauro Ida Catalano. Tra teatralità barocca e medievalizzazione, una lettura appassionante della “forma” di San Martino al Cimino – più volte a proposito è tornato il nome dell’indimenticato Enrico Guidoni – come “gesto” di riscrittura d’autore (Borromini) che ha profilato e incastonato la città, in quanto “testo” organico, nel contesto del paesaggio cimino. Ma la lezione di Ida Catalano è stata straordinariamente limpida e coinvolgente soprattutto sotto il profilo del metodo: così gli apprendisti narratori si sono resi conto delle numerose analogie tra l’artigianalità di mestiere e il profilo teorico-critico del restauratore (a partire da Brandi ma anche oltre Brandi) e mestiere e profilo del narratore di comunità. Narratore di comunità è anche colui che sa “ascoltare” le cose (le opere) fino a permettere ad esse di raccontarsi (diciamo: per interposta persona) a un pubblico popolare, al di fuori cioè della consueta, ristretta cerchia degli addetti ai lavori.
Sabato mattina, sempre in aula blu, antipasto di “sugo co’ le rigaje” a cura di Marco D’Aureli e Antonello Ricci. Gli apprendisti hanno ripercorso e discusso con puntiglio sia la lezione del giorno precedente che l’uscita a Ferento della scorsa domenica: per estrarne tutte le implicazioni teoriche connesse al profilo professionale del narratore di comunità. A seguire, l’apprezzata proiezione del docufilm “Tarquinia ‘900 – Una comunità allo specchio dei racconti” (prodotto a suo tempo da Banda del racconto su commissione dell’Università agraria di Tarquinia) ha avviato una riflessione sulle metodiche della videointervista nonché sulle peculiarità del format video (una delle numerose all’arco del narratore di comunità) rispetto alla dimensione della pubblica restituzione dei narrati.
Infine, lo splendido pomeriggio di sabato è stato tutto speso en plein air sul piazzale dell’abbazia di San Martino. Davvero una prua di nave, ventosa e assolata, che “cantando varca”, la barra del timone puntata dritta verso il “mare” della piana viterbese. Con stupefacenti barbagli – laggiù-laggiù – dalla specchiera del mare, oltre Montalto di Castro oltre l’Argentario fin verso forse Punta Ala. Pareva di essere finiti dentro a una delle tante splendide pagine di viaggio consacrate da Mario Praz o Cesare Brandi ai paesaggi della Tuscia. Pagine che gli apprendisti, da bravi aspiranti artigiani della narrazione, hanno lavorato-levigato a gruppi, fino a sperimentarle ad alta voce, in scena, a cospetto dell’immaginato pubblico di una possibile passeggiata/racconto. Lavoro svolto sotto le amorevoli e preziose cure di quelli di Banda del racconto. Un Pietro Benedetti in forma smagliante, davvero magistrale. (Fotografo di scena Davide Ghaleb, il Santissimo editore.)
Gli apprendisti narratori di comunità e la Banda del racconto torneranno in campo a partire da venerdì 24 marzo. Sarà la volta dei paesaggi agroforestali. Inoltre: “Leggere un paesaggio, disegnare una mappa, raccontare una storia” modulo a cura del pianificatore territoriale e performer Alfonso Prota. In scena con lui, per un suggestivo “viaggio” nel paesaggio (prevista anche, domenica mattina, una uscita en plein air nel suggestivo sito di Montecasoli, Bomarzo) alcune “bandite” storiche o più recenti amiche di Banda del racconto: Michela Benedetti, Sara Grimaldi, Elena Liotta.

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