M’arìcordo…Il presepio di Pianoscarano di Ostelvio Celestini

La  rappresentazione della Natività, che si celebra in molti luoghi della Tuscia con  le rappresentazioni dei Presepi viventi, si è fermata in questo 2020 per rispettare le normative per il contenimento della diffusione del Coronavirus. Ma niente può interrompere l’evocazione della Natività nei ricordi, nella propria spiritualità, nella preghiera. Lasciamo alla narrazione il ricordo di un presepio quello di Pianoscarano opera del poeta dialettale Ostelvio Celestini con cui si conclude il ciclo dei 5 racconti tratti dal libro M’arìcordo, di cui Celestini scomparso nel maggio di questo anno è l’autore.

Il presepio di Pianoscarano

Nel 1986, in seno al Comitato Festeggiamenti Pianoscarano – Carmine, si decise di ampliare l’attività anche per le festività di Natale.

Si pensò di costruire statue di gesso, a grandezza naturale e posizionarle lungo le strade caratteristiche del rione. Ogni statua doveva suscitare un’emozione visiva e rappresentare i lavori artigianali, domestici, animali e l’insieme dei personaggi rappresentativi della Natività. Il presidente, Attilio Petroselli, avallò l’idea e nel 1987 furono iniziati i lavori.

Mario Sanna, Fausto Cerroni e Ostelvio Celestini collaborarono con l’esperto artista, Vito Ferrante, per la realizzazione delle statue protagoniste del presepe: La Madonna con il Bambino, San Giuseppe, il bue,  l’asinello e due pastori. Queste statue furono collocate nel presepio, realizzato nell’atrio ingresso della chiesa di Sant’Andrea, il Santo Natale dello stesso anno.

L’illuminazione fu ideata a fiamma viva e realizzata tramite ciotole di cera posizionate in modo da dare risalto e creare ombre suggestive alle bianche statue.. negli anni successivi furono costruite altre statue ed il percorso del presepio si allungò.

Il successo fu eclatante e tanta gente viterbese ed anche dei paesi vicini visitava il presepio percorrendo tutto l’itinerario allestito.

Si studiò la collocazione delle statue nelle vie poco illuminate per renderle più suggestive. Dalla chiesa di Sant’Andrea le statue furono collocate nelle vie adiacenti, Fontana di Piano, Lavatoio di Via dei Vecchi e fino a Porta Carmine.

Quello che mi è rimasto più impresso nella mente è quello  realizzato su Via delle Caprarecce, la cui ambientazione rimase favolosa: il visitatore aveva la sensazione di vivere in un’atmosfera mistica.

Nell’illusione che il tragitto di questo presepio fosse come la vita reale. Scendere le scale, passare sopra un ponte, ammirare gli archi, i vicoli, le pietre, poi andare in salita….il presepio realizzato in questo rione antico voleva far ricordare anche la vita vissuta dai nostri antenati. Le statue raffiguravano gli artigiani, il falegname, lo scultore, lo scotolatore, il canestraio, il fabbro, il contadino, le donne di casa, le lavandaie e poi i bambini, il pifferaio intenti ai loro lavori e giochi.

Le statue dei “Re Magi” venivano collocate il giorno dell’Epifania. Le figure e le attività svolte da questi immobili personaggi riportavano indietro la mente di cinquant’anni, quando chi svolgeva realmente questi lavori apriva la sua bottega al sorgere del sole e solo a notte fonda la chiudeva. I lavori degli artigiani, in quei tempi, non erano soggetti ad orari e venivano svolti con cura ed onestà. I guadagni erano limitati ma venivano gestiti con parsimonia per poter vivere dignitosamente. Alla fine del percorso in salita di questo presepio trovavi la capanna. Dentro questa povera dimora, sopra la paglia, con la Madonna e San Giuseppe accanto, una creatura bionda con le braccia aperte.

Era come se  Gesù  stesse aspettando che il visitatore facesse il proposito di migliorare lòa propria vita. Di fronte a questo quadro paradisiaco, ti saliva spontanea una preghiera e rimanevi immobile, fisso come un pupazzo e ti sentivi parte dello stesso presepio.

Questa manifestazione natalizia è continuata per anni. Mario Sanna lo ha arricchito realizzando altre statue. Purtroppo, prima del 2000, le statue esposte furono ripetutamente danneggiate da inqualificabili vandali, fino a quando l’entusiasmo iniziale si affievolì fino alla resa.

*Il racconto è tratto dal libro “M’aricordo….” di Ostelvio Celestini.

 

 

 

 

 

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