L’evento non fa cultura, primo appuntamento del Salotto delle Sei

Nicoletta Di Luigi

Si apre l’edizione del Salotto delle Sei, rassegna di approfondimento e riflessione che quest’anno ha come titolo “ I luoghi della cultura”. Pasquale Bottone ha ideato e condotto gli incontri delle passate edizioni presso la Biblioteca Consorziale di Viterbo, ma quest’anno la location cambia e omaggia la Sala Regia del Comune. Qui si è svolta ieri undici aprile la prima del Salotto delle Sei “L’evento non fa cultura” con l’intervento di Vittorio Emiliani, giornalista e scrittore e Matteo Sanfilippo, Prof. Ordinario Storia Moderna Disucom dell’Università della Tuscia. Ad aprire l’approfondimento Pasquale Bottone con la domanda sul futuro della cultura per l’Italia e la sua sempre più diffusa “eventizzazione”, domanda da cui il giornalista Emiliani, citando il filosofo Jean Baudrillard con la frase “ l’evento scava la fossa in cui verrà seppellito il giorno dopo”, ha voluto affermare come alle spalle della cultura ci deve essere una grande ricerca partecipata e collettiva, in un’Italia sprofondata purtroppo nell’ignoranza generale. E “ Lo sfascio del Belpaese”, il libro di Emiliani di cui si è parlato in questo primo appuntamento del Salotto, racconta come il sistema Beni Culturali, ossia il sistema storico –artistico -paesaggistico sia allo stato di decadimento, partendo da un’analisi della gestione di questo ministero da parte del mondo politico negli anni che vanno da Berlusconi a Renzi. “ Un palinsesto millenario che tutto comprende insieme allo stesso paesaggio urbano” racconta lo scrittore per definire il tesoro dei Beni Culturali, mentre si racconta parlando anche un po’ di sé e delle sue origini emiliane, dei suoi passi nel giornalismo e in politica, della nascita e la storia delle soprintendenze, di una classe dirigente del passato più colta, con molti più laureati di oggi, dove il dibattito politico viveva di passione e competenza. Lo studio di Emiliani su un patrimonio storico- artistico che ha subito un attacco dal sistema politico di questi ultimi venti anni lascia poi interrogativi per Viterbo e per la sua crescita, ai quali lo scrittore risponde: “L’Italia conta più di ventunomila centri storici che ci invidiano da tutto il mondo, senza tralasciare i teatri storici che sono l’anima delle città. Tutela, attività culturali, e intervento dei giovani fanno vivere un luogo. Per Viterbo chiedete più finanziamenti alla Regione, con le dovute alleanze può essere un centro di studi per il paesaggio agrario per esempio, e diventare poi promotore di festival. Viterbo deve avere un’offerta di estrema qualità e originale per i turisti, deve saper attirare gli inglesi, i francesi…penso al Festival Barocco e a Ferento…”

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